Lettori fissi

31/12/20

Interviste improbabili | 3 domande a Noè

 


Interviste improbabili | 3 domande a Noè | 2020

 

L’appuntamento è in luogo e orario quanto mai insolito.

 

Sul cucuzzolo della montagna allo spuntar del sole. Il meeting è stato organizzato da terza persona che di normale si occupa di preparare aringhe e acciughe prima che siano imbottate; mestiere umile ma non privo di fascino. Il suo whatsapp secco e scarnificato è giunto da una remota isola del Mediterraneo e mi ha, inesorabilmente, raggiunto in piazza San Pietro dove mi trovavo per incontrar Francesco.

 

Il succo del messaggio era troppo intrigante per non impelagarsi nell’impresa.

 

Come richiesto mi sono: imbarcato su cargo battente bandiera panamense, giunto a notte fonda in porto sconosciuto, intruppato in carovana di beduini per un viaggio lungo un mese e poco più. Ancora tre giorni aggrappato ad un mulo, lungo viottoli da capre, e adesso sono a destinazione. Ad un’altezza di oltre cinquemila metri la faccenda, anche con l’aiuto degli aggeggi tecnologici che mi son portato, si fa ardita al limite del dangerous.

 

Lo vedo all’imbocco della grotta.

 

Fresco come una rosa e pimpante come un gallo nonostante, se non ho sbagliato il conteggio, i suoi “ics mila anni”.  Ci accomodiamo nel ventre interno e subito le tre domande stabilite. Prima però una curiosità che non fa numero.

 

D - Dove siamo esattamente?

R - In una terra di mezzo, che non preciserò, tra le regioni che voi chiamate Turchia, Armenia, Azerbaijan e Iran.

 

D La sua infanzia.

R Rammento il primo gioco che facevo con gli amici. Lo chiamavamo Chiappino e consisteva in uno che scappava e gli altri lo rincorrevano; bestiale. E poi come scordar mia madre; una donna sincera e bellissima; che mi ha insegnato una moltitudine di cose che mi son poi tornate utili a tempo debito. Tra queste il sapone. Anzi magari le svelo pesi e ingredienti ma non la formula: 1000 di olio di oliva, 185 infuso di alloro, 125 di soda caustica, due pugni di foglie di alloro. Ecco qua il mitico sapone di Aleppo.

 

D Acqua, aria, terra e fuoco.

R Le piace vincere facile? Con i quattro elementi mi sento anzi sono a casa. Ci son passato dentro – sotto – sopra - nel mezzo un poco in tutti quanti. Ognuno mi ha lasciato qualcosa e io anche a lui. L’aere è di certo quello mi ha più toccato in corpo e spirito. Non si pole immaginare, a meno di essere li in quel momento, la felicità e la leggerezza provata alla vista di un pezzo di cielo sereno dopo tutti quei giorni di buio. Altro che la vostra pandemia che scontate comunque al riparo di capanne di ferro e vetro. Per parte mia posso raccontare con fierezza che fu un’emozione indicibile aprir la finestrella e far volare il primo pennuto: un nerissimo corvo che battezzai: “Conta fino a mille e torna indietro”. E lui lo fece.

 

D Un fatto inspiegabile.

R Di sicuro la prima volta che ho sentito la Voce. In realtà più un lontano sussurro che frasi di senso finito che nel tempo ho rimesso insieme per poter raccontare, ai miei discendenti e a voi tutti, il più tragico dei disastri: la madre di tutte le emergenze. Il diluvio universale comincia all’incirca con questo antefatto: «È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. 14 Fatti un'arca di legno di cipresso; dividerai l'arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. 15 Ecco come devi farla: l'arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. 16 Farai nell'arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un lato metterai la porta dell'arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore». E così feci per poi selezionare coppie di tutti animali e la mia famiglia tutta …

 

D E poi? … interrompe il cronista totalmente acchiappato dalla vicenda …

R Al solito potrei rispondere che questa è la quarta e niente devo di più. Invece qui dentro questo antro rivestito in doghe mi sento come a casa e perciò non mi sottraggo e in breve chiudo: “…  il resto … caro ragazzo … è sul Libro dei libri”.

17/12/20

La candela

 


La candela | 1999 - 2020

Diavolo e Santo, nero e bianco, notte e giorno, luna e sole, buio e luce.

La luce una faccenda difficile da pensare.  Non ha corpo né materia. Non si può disegnare come un muro o una bicicletta. Si può solo imbrigliare entro filamenti e fibre ottiche. Voglio una luce sul tavolo -attacca la bionda signora tutta firmata alla cui casa lavoro in questi giorni.

Disegno una luce per il tavolo.

Vorrei disegnare -dico io- un centro tavola illuminante i piccoli riti del quotidiano.  Amo la tavola su cui si può mangiare, disegnare, cambiare il pannolone, parlare del più e del meno, schiacciare e mangiare noci, noccioline, semi di zucca. E anche bere un buon bicchiere di rosso.

Bello -fa ESSA- avanti con il progetto che poi convinco mio marito.

Ma se poi non funziona? – fa l’insicuro progettista.

Se non funziona accendo la candela.

10/12/20

Dieci dodici

 


Dieci dodici | 2020

09 XII 20

 

In viaggio per lavoro accendo la radio.

 

Dopo l’ascolto di alcune canzoni assolutamente sconosciute; normale per chi va in cerca col lumicino di vecchi motivi anni cinquanta; il conduttore lancia un motivetto pubblicitario che invita a chiamare un dato numero declinato in musica. Non ricordo la parole ma i numeri li mando sempre a memoria: 3425221012. La trasmissione prosegue senza alti e bassi e nel frattempo comincia ad arrivare la consueta valanga di messaggi. Ogni tre messaggi letti  e commentati l’intrattenitore ripropone il jingle. Dopo un poco smetto di ascoltarlo e mi trastullo con un giochino mentale che facevo da piccino: da una sequenza di numeri si tratta di eliminarne uno alla volta.

 

Ad ogni passaggio riesco a cancellarne alcuni.

 

 Per primo il 3; primo da sinistra. Al prossimo giro faccio fuori i due 2 mediani ed il terzo da sinistra. Con la terza tornata della musichetta son quasi giunto a fine partita cancellando dall’emisfero sinistro il 4 e poi, al giro successivo, il 5. Il programma finisce mentre giungo al cantiere.

 

Talmente insulso che non val la pena di nominare.

 

Sbrigo le incombenze e gradisco con grande gioia il caffè doppio di moka usata che la massaia mi serve sopra la catasta dei mattoni. Cazzeggio ancora un poco e poi approfitto del bel sole dicembrino per una veloce  campagna fotografica. Alla fine si fa l’ora dei saluti.

 

All’avvio dell’auto si riaccende anche la stessa emittente.

 

E poi ancora ‘sto diavolo di musichetta coi numeri. Rammento che ne erano restati tre anzi quattro in fila: 1 0 1 2. Se li accoppio in sequenza trovo due numeri a me cari. Il primo ricorda la nascita e il secondo il mese: dieci dodici di un qualche anno addietro.

 

Domani.

03/12/20

La revisione

 


La revisione | 2003

 

Le due amiche non si vedevano da alcuni anni; meglio anni dieci.

 

Erano state molto affiatate avendo vissuto insieme durante il periodo universitario ed avendo frequentato la stessa facoltà fiorentina. Le due architette stabilirono di incontrarsi al “Roxy Bar” di Strada in Casentino; località amena (???) distante pochi chilometri dall’abitazione di una delle due. Alle cinque …mi raccomando…; all’ora del thè.

Furono ambedue puntuali anche perché colei che veniva da fuori della valle aveva l’auto ultimo grido dotata di tutti i confort e le opzioni: motore jtd, sette air bag, quattro ruote motrici, cerchi in lega, abs, radio cassette cd dvd tv play, dispositivo satellitare di ricerca automatica del bar, volante sportivo a quattro razze, eccetera.

La calda bevanda fu servita in finissime tazze di porcellana Vedgwood decorate a macchina dalla manodopera qualificata di Liverpool nei primi del secolo scorso.

 

Per me la latte… prego… fece la mora.

 

Ciaccolarono per mezzora di marito e casa, di vecchie abitudini e di massimi sistemi, di Berlusconi e di Saddam, di Bush e di Emergency.

 

E poi vennero al sodo.

 

Da buon professioniste affrontarono il tema lavoro. Sai… fece la rossa… sono intruppata con della gente della tua valle per partecipare ad un concorso per la costruzione di una scuola materna-elementare in bioedilizia. Noooooooooooo… la interruppe la mora…. Ma sai che ho appena finito un paio di corsi di specializzazione sul tema bio ????. Inoltre sono mamma di uno splendido figliolo di anni cinque che frequenta la materna “Stacciaburatta” di Montevarchi. Sono quindi esperta e mi sento di darti un buon consiglio.

 

Spiegami le idee che ti faccio una bella revisione.

 

La rossa fruga nella capiente ventiquattrore di coccodrillo rosso fegato  ( … sai non esco mai senza la mia borsa da lavoro… sono architetta libero professionista io) e trova un lapissino e un pezzo di carta giallina.

Con mano tremolante traccia un cerchio… e ancora… a ancora… e ancora…a ancora fino a farne otto concentrici. Ri-costruisce il processo mentale del progetto… ne traccia le linee di costruzione e ne spiega le idee e i contenuti. Racconta il progetto insomma. La mora tace per minuti quattro e mezzo circa. Tace ma elabora. E’ mamma lei… ed esperta di bio… che cavolo. Ora che la rossa si interrompe per riprendere fiato, dopo l’accalorata esposizione del progetto, entra lei.

 

“Ma scusa Paperina… scusa se ti interrompo… ma l’aula comune per la materna dove l’avete cacciata? L’aula comune ci vuole… ci vuole in tutte le maniere… c’è anche nella scuola di … (Tomaso Andrea Marco o come si chiama che non ricordo). Deve essere grande e bella, capiente abbastanza da riunire tutti e cento i bambini quando non stanno in classe”.

“L’aula comune… che roba è fa l’altra vagamente in disagio. Il Gastone non mi ha detto niente. Il Gastone ha letto bene la legge. Il progetto è fatto alle norme. Io credo che ti sbagli”.

“Non mi sbaglio… anzi sono sicura. Per me ci vuole”.

…Attimi di silenzio pieno di pensieri costruttivi accompagnano le elucubrazioni delle due professioniste.

 

Finalmente la Topolina se ne esce.

 

“La vasca… prendete la vasca e copritela…viene bene…dai retta”.  Discutono della nuova versione del progetto per una buona mezzora. Finiscono tre tazze di thè con quattro pasticcini cadauno e si lasciano in fretta che la mora deve tornare in valle a recuperare il citto dalla suocera e la rossa deve passare dallo studio a fare una telefonata urgente.

 

Promettono un nuovo incontro a breve… si baciano sulle gote e via.

 

La valdarnese si avvia a casa e la casentinese accende il motore della sua nuova auto studio e parte. Arriva in pochi minuti allo studio. Telefona al gruppo. “Ragazzi… bisogna cambiare il progetto… la Topolina (figlio munita) dice che manca l’aula comune dove i bambini si riuniscono tutti insieme per le feste… per natale… per la fine della scuola eccetera. Si sarebbe individuata la stanza al posto della vasca. Che ne dite???”.

 

… Silenzio e perplessità dall’altra parte del filo acustico.

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