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Pergola, mg 2014 |
Cinque e rotti
Cinque e rotti | 2010 - 17
Cinque e rotti | 2010 - 17
“Saranno cinque quintali e rotti, non di più”.
Con questa frase mi accoglie Giancarlo appena scendo dalla Scenic sette posti
vecchia di sette anni. Sono le sette di un freddo mattino di fine ottobre. Stamani
mi son alzato, come sempre, alle sei e ventinove anticipando la sveglia di un
minuto preciso. Ho messo i panni da lavoro e sono andato nel bosco a far legna.
Per la precisione ho un appuntamento con il boscaiolo per rifornire la cantina
di pezzi appena tagliati.
Normalmente
questa incombenza mi tocca verso la fine di settembre; di solito di sabato
mattina; quando il trattore del procacciatore di legname arriva strombazzando
sotto casa. Lui scarica il carrello e io li accomodo nel sottoscala. I ragazzi
sono a scuola, la compagna è in visita dalla di lei genitrice. Ergo la palla è
tutta mia. Me la piglio comoda. Finisco il caffè e accendo il primo tubicino di
tabacco. Ho tutta la mattina davanti. Sono il padron del baccellaio. Infilo i
guanti da lavoro e mi metto all’opera. Raccatto i tronchetti con la destra e li
compongo sopra all’avambraccio sinistro. Ce ne stanno otto o nove per ogni
carico. Ogni percorso conta otto o nove passi.
Gli
ultimi due sono i più rischiosi per via che il posto della legna è stato
individuato sotto la prima rampa della prima delle tre scale che salgono la
casa. Si tratta di un pertugio di novanta per duecentodieci di altezza
variabile da zero a centoventi. E per giunta la prima rampa è dotata di
pianerottolo a ventaglio che sale mentre gira. Il soffitto del bugigattolo
presenta pertanto tre spigoli “very dangerous” . Li conosco bene per averli
esplorati con il sopra del capo almeno una trentina di volte come le cicatrici
che mi hanno lasciato. I geni che i miei antenati mi hanno trasmesso ordinano
ai capelli di cominciare a cascare intorno ai trenta. Ai cinquanta la parte superiore
del cranio è praticamente calva e piena di ricordi di angoli perlustrati con il
cuoio capelluto.
La
catasta di legname è sempre e immancabilmente cinque quintali. Esattamente
quelli che ci occorrono per alimentare il caminetto del salotto e alcune
grigliate di pane e carne. Per ogni carico stimo che riesco a trasportare una
decina di chili. Di solito me la cavo con quattrocentocinquanta passi; una
cinquantina di viaggi e almeno cinque abrasioni della cute. Ogni cinque
percorsi mi accoccolo sulle ginocchia per accomodare il materiale. Procedo con
calma. Per tre volte mi riposo seduto per terra sul pavimento del garage. Tiro
fuori il pacchetto delle bionde e ne brucio un paio o tre durante tutta
l’operazione. Intorno alle dieci del mattino il mucchio li fuori è a zero
mentre il ripostiglio li dentro è pieno. La legna è stipata in file ordinate
fino al soffitto. Pulisco il locale e raccolgo gli avanzi con la scopa di
saggina. Ho finito.
Stamani
invece mi trovo alla macchia. Il mese scorso ho avuto tutti i sabati impegnati.
Come anche questo di ottobre. Se non fosse per Silvia che ogni tanto mi
richiama all’ordine anche stamani sarei in studio a combattere con quel computo
che non riesco a chiudere. Ieri pomeriggio mi ha chiamato per ricordarmi che il
freddo è alle porte e la legna è finita. Verso le sette post meridiane son
passato dal fornitore di fiducia a chiedere il trasporto della legna. E mi son
sentito rispondere che in deposito non ha più niente. M’informa però che da
cinque giorni sta conducendo una campagna di taglio di un bosco dalle parti di
Sergine. Li ha tutto ciò che voglio. Ma non me la può portare a casa ché domani
deve preparare un carico per lunedì. La soluzione che mi rimane è un carico sul
dietro dell’automobile. Ci accordiamo per la mattina successiva e per un paio
di quintali. L’ho già fatto almeno altre tre volte e sempre per quel peso. Si
tratta di risolvere un problema familiare immediato e urgente. Poi con calma mi
procurerà i restanti trecento chili.
Ho
percorso il sentiero nella boscaglia per trecento metri. Poi ho svoltato a
sinistra e dopo a destra e adesso sono arrivato nella radura. Scendo dalla
macchina e apro lo sportello dietro. A casa mi ero premunito di un paio di
vecchie coperte e di un telo di nylon a protezione della tappezzeria. Posiziono
le protezioni e mi giro verso il padrone del bosco che è li pronto con un
carico di tronchetti. Me li porge e io li accomodo nel bagagliaio. Poi si
avvicina alla sega a nastro e comincia lo show. Indicando l’attrezzo e i denti
della lama mi fa cenno di non avvicinarmi. Lo prendo sul serio e mi accendo la
seconda della mattina. Lui è velocissimo: “si
china e prende un tronchetto e l’appoggia sul piano e l’accosta alla lama e la
lama fa il suo lavoro e il pezzo cade della parte opposta a formare la catasta
del tagliato” … ripeti … ripeti e ripeti. Un fulmine. A malapena riesco a
godermi l’ultimo peo mentre la lama percorre l’ultimo giro e si spenge con un
rumore di metallo graffiante. Mentre si allontana verso il sentiero di destra,
dove la boscaglia è più fitta, mi saluta e con un cenno mi fa intendere che: “La macchina te la carichi da te che ho
tanto da fare nel bosco”.
Il
lavoro di magazziniere della legna da ardere richiede più tempo. Me la cavo
comunque in una mezzoretta. Son sudato e contento; consapevole di essere oramai
alla metà dell’opera considerato che dopo dovrò accomodare la legna nel
sottoscala. Accomodo il telo e mi giro. Il padrone del bosco è proprio dietro
di me. È comparso all’improvviso dal fitto del bosco e mi domanda se sia andato
tutto bene. La mia risposta è un sorriso che chiude con: “Bene grazie”. Riprendo: “Anzi
visto che ci vediamo che dici? Sono i due quintali che si era detto?”. E
lui ribatte: “Saranno almeno cinque
quintali … e rotti”. Pago e saluto e vado per nuove avventure.
Poi
oggi pomeriggio, mentre son qui che scrivo questa cronaca, sento un rumore di
motosega. Mi affaccio e vedo Giancarlo che pareggia alla base un paio di
tronchi di pino del vicino. Esco fuori per salutare anche perché il vicino è il
babbo e il tagliatore è il suo migliore amico da quando erano ragazzi. Di
solito quando si trovano ricordano i tempi della loro gioventù e io sono da
sempre un bravo ascoltatore di racconti e novelle. Dopo i saluti il portatore
della sega fa: “Hai visto che barca di
legna”? E il babbo: “Saranno almeno
un paio di quintali”. E lui: “Macché dici:
“Saranno almeno cinque quintali … e rotti”.
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