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La sera prima della festa





La sera prima della festa | 1997

Il sole rossastro del tramonto settembrino si stagliava sulle brulle colline percorse da sporadici filari di cipressi e punteggiate da grandi casolari di giallastro mattone. L’asfalto grigiastro della tortuosa stradina era interrotto da macchie variopinte. La lunga serie di superaccessoriate biciclette scendeva veloce lungo la discesa.

Erano giunti in vista del paese.

Partiti la mattina di buon ora dalla città del palio avevano trascorso il mezzogiorno e il primo pomeriggio presso la splendida abbazia  di un monte che aveva a che fare  con gli olivi. La comitiva di giovani stranieri aveva invaso il portico, giocato a nascondino tra le colonne e sostato nel boschetto circostante  la chiesa. Pranzo al sacco e rosso vino locale acquistato presso i frati. Il vino era stato la vera [… felice e inattesa] scoperta del loro viaggio nella penisola a forma di stivale. I quindicenni, tutti amici fin dalla tenera età, parevan fatti con lo stampino [… un po’ come tutti i giovani occidentali di  questo fine millennio]. Alti e prestanti; svezzati a omogeneizzati e cresciuti a pappe ipernutrienti; coccolati dai genitori e amorevolmente assistiti dai nonni che avevan vissuto l’ultima grande guerra. In testa la televisione e il computer; i videogiochi e internet.

Patatine e panini; birra e coca cola nella pancia.

L’idea del viaggio [… il primo da soli senza la famiglia] eco salutista [… in treno fino alla città del giglio … il chianti e le crete in bicicletta] era arrivata quasi per caso durante un’accalorata discussione [… che si fa questa estate ???] tra giovani troppo viziati.
Giunsero ivi [… al paese] e subito notarono uno strano e piacevole viavai di indigeni. Era tutto un movimento. C’era chi trasportava tavoli e panche; chi pile di piatti e casse di bottiglie; chi disponeva festoni lungo le facciate e chi stendeva drappi colorati alle finestre.  Chi piazzava le luminarie [… tante piccole lampadine elettriche in fila su stecche di legno] e chi preparava le torce.
Il capo della banda scese dallo sgargiante velocipede e domandò informazioni al primo passante. Chiese dove fosse il nuovo ostello che citava la guida turistica che aveva in mano. L’interrogato a tutta prima non comprese la domanda posta in una lingua a lui sconosciuta. Il secondo interrogatorio si svolse in forma gestuale e immediata fu la risposta. La mano del vecchio indicò la direzione percorsa dal torrente dei nativi.
Una ripida scalinata portava verso la facciata  della chiesa principale dell’abitato.
Parcheggiarono le bici, posero gli zaini in spalla e verificarono il segnale del telefonino satellitare.

Erano pronti.

Fiancheggiarono [… in ordine sparso come una pattuglia militare] la basilica riempiendosi le narici dei molteplici odori provenienti  dal piccolo orto recinto da grezzi muri in pietra. Sostarono un momento nella piccola piazzetta selciata e pervennero infine dentro il grande ellisse circondato da basse costruzioni in mattoni e travertino [… di Rapolano]. A destra, sotto un loggiato voltato sorretto da snelle colonne di metallo arancio, le bancarelle di un piccolo mercato proponevano i prodotti della gastronomia locale. Percorsero in senso orario il perimetro interno notando appena le vetrine [… allestite a festa]  degli artigiani.
Una grande vasca con cavalli al guado  [… cavalli al guado ???] che parevano uscire da un boschetto li fronteggiò. Sulla sinistra un piccolo palcoscenico in legno sopportava il peso [ … e le stonate note] dei componenti della banda che intonava un allegro motivetto. Ottoni e clarinetti, tamburi e trombe erano ammirati da un gruppo di ragazzini in piedi e da file di adulti ordinati su di  una gradinata in cemento.

Si era aperta la stagione concertistica locale.

Proseguendo lungo l’emiciclo il gruppo giunse infine dalla parte opposta del grande slargo. Le donne del paese stavano preparando le tavolate, per quello che sembrava un banchetto all’aperto, nelle vicinanze di uno strano edificio tondeggiante ed ermetico. Tutto murato [… in file ordinate di pietra bianca e mattoni]  per i due alti piani con una fila di finestre in sommità. Da una parte una specie di scabroso monolite di rossa argilla si incastrava nella costruzione. Il grande bassorilievo rappresentava [… in maniera abbastanza fedele] il paesaggio ammirato durante il viaggio.

Pareva una sorta di gigantografia.

Le crete … gli isolati casolari … i filari di cipressi … il cielo. Era un pezzo di campagna dentro un recinto urbano. Assomigliava [… ma loro non lo sapevano] allo sfondo di certi affreschi che potevano [… ma non lo avevan fatto] aver ammirato  nel chiostro dell’abbazia del monte con gli olivi. Su un fianco dell’edificio a grandi lettere incise sulla pietra una scritta indicava la destinazione dell’edificio: “Sala civica – Museo delle crete”.
Incuriositi seguirono le lettere fino all’ingresso. Ma la porta di cristallo anti intruso era chiusa e le luci erano spente.

Tornarono indietro e fu allora che lo videro.

Il lungo palo in legno con una corona di salumi in sommità era nel giardino di fronte a loro. Un cerchio di persone seguiva con interesse le mosse di un ragazzo smilzo che tentava la salita al palo della cuccagna. Il giovane era arrivato vicinissimo al prosciutto. Tese la mano e … scivolò mestamente, lungo l’unta superficie, verso terra.

Tutti risero e canzonarono il giovanotto.

Allora improvvisamente  un membro dell’allegra brigata di giovani stranieri si stacco dal gruppo. Si avvicinò al tronco e provò l’ascesa al salame. Era l’unico non alto e non prestante. Anzi piccolo e grassottello. I capelli  neri e la carnagione olivastra denunciavano una probabile discendenza mediterranea.

Il tipo fu agile e veloce.

Scese con la spalla in mano e la felicità in testa per la scommessa [… un fiasco contro un bicchiere di vino che non arrivi in cima] vinta agli amici. Tutti acclamarono il nostro eroe. Ma ecco che un anziana signora dai bianchi capelli si avvicinò al ragazzo e nello stretto dialetto del luogo sentenziò:  “… ma io ti conosco. Ho visto una tu’ foto da piccino in casa della tu’ nonna –pace all’anima sua- . Te sei Marco. Il figliolo della Fedora che ha sposato in Germania”.
Il giovane sorrise e fece “… ja …”
E la donna:  “… vieni … venite che si mangia. Si mangia in piazza.”

Era … la sera prima della festa.

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