Lettori fissi

Via

Mela, 2016


Via | 2006

Il mio primo computer era una scatola di colore grigio chiaro con un video da dodici pollici e la grafica approssimativa e bianco/nera dei primi anni ottanta.

La scatola aveva un marchio in alto a sinistra.

C’era una mela appena avviata con i colori dell’arcobaleno. Usavo la scatola come se fosse una macchina da scrivere o poco altro. La scatola stava seduta sopra ad un’altra scatola bassa che portava una precisa fessura per accogliere l’affare che serviva a scambiare dati. C’erano dei cavi che lo collegavano alle derivazioni elettriche e alla stampante.

Per  quattro anni l’ho usato solo per scrivere in bella copia.

Poi un giorno passa un amico che mi porta un programma per disegnare le piante e le sezioni e anche le prospettive e mi ci fiondo a pesce. Ricordo che stavo disegnando la mia prima casa e mi sentivo pronto per il disegno elettronico. Per anni avevo lavorato con punti di vista e linee di terra; punti di fuga e linee di costruzione sopra un foglio di carta. Adesso basta.

Adesso divento elettronico e virtuale.

Il programma era facile da gestire e immediato da comprendere anche per chi, come me, è legnoso nell’uso della tecnologia. E allora ci lavoro per un intera settimana e riesco a costruire una specie di prospettiva della casetta. Ma il programma era copiato e magari era stato progettato per l’oriente visto che il tetto era disegnato come una pagoda. Meglio: come i tetti delle costruzioni di plastica colorata a incastro che adopravo da piccino nelle sere di inverno quando sognavo di diventare un capomastro e costruir cattedrali.

Il tetto, dicevo, era a pagoda.

E allora provo a modificarlo pigiando in successione tasti e bottoni. Ma non succede niente. Allora provo a digitare a caso. E digito e digito e digito. E dopo un bel po’ il video diventa nero. Poi appare un disegno. A prima vista assomiglia a una bomba. Ma di quelle che usavano a inizio del secolo scorso gli anarchici che volevano rifare il mondo.

Una sfera nero grafite con la miccia e tutte le robe al posto giusto.

Poi la miccia prende fuoco e comincia bruciare. E brucia e brucia. E infine la bomba scoppia. E con lei anche il lavoro di una settimana. E allora prendo il lapis e la gomma; la carta e la riga. Mi armo di santa pazienza e inizio. Vai con il disegno a mano. E voi con me.

Pronti … Attenti … VIA

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