Lettori fissi

Alt.ino



Alt.ino | 1996

Il debole chiarore dell’alba settembrina, proveniente dalla finestra sul tetto, destò la bambina. La tendina del lucernario era stata aperta la sera prima perché la piccola si era voluta addormentare con la vista della luna e delle stelle. -  “ ... Accidenti come sono in alto ... se mi metto in piedi posso quasi toccare il soffitto ... “. –

In effetti il soffitto voltato della piccola stanza era posizionato ad un’altezza variabile dai treequarantadue ai quattroetrentuno metri dal pavimento. La prima notte passata nel nuovo letto l’aveva così eccitata che si era tardi addormentata e molto presto svegliata. La luce verde del piccolo orologio digitale giapponese le comunicò che erano ormai le seieventi del mattino.

Giulia, cinque anni da poco compiuti, era distesa sul  piccolo letto e ormai incapace di riaddormentarsi fantasticava sulle cose che poteva fare da sola visto che tutti, dal fratellino Guido ai genitori, erano ancora addormentati.  Considerò le possibili alternative ricordando, come ormai sapeva da qualche mese, che su un certo canale della televisione davano i cartoni anche la mattina presto. Ricordava però, altrettanto bene, che la mamma l’aveva sgridata la sera avanti perché per vedere i cartoni si era rifiutata persino di cenare.

- “ ... Babbo non vuole ... mamma nemmeno ... come faremo per fare qualcosa ... “ - cantò mentalmente ricordando e parafrasando una vecchia filastrocca che aveva sentito cantare, con voce stonatissima, dal babbo qualche tempo prima.

Scartò quindi l’idea dei cartoni e d’improvviso una lampadina - come ai personaggi dei suoi eroi di carta- le si accese nella piccola testa . Aveva deciso come passare il tempo che le rimaneva prima che  -  “ ... i grandi si sveglino e inizino a rompere con : Giulia alzati ... Giulia vieni in bagno ... Giulia lavati i denti... Giulia vestiti ... dai che è tardi ...” - .

Scostò la coperta e si alzò in piedi. Discese la scala a pioli del letto e - “... scalza, tanto la mamma dorme...” -  uscì dalla camera per arrivare infine alla porta della stanza del babbo e della mamma. - “ ... Senti come russa il babbo ...” - pensò aprendo con circospezione la porta che  sempre e costantemente cigolava.

Ormai le stecche delle persiane della camera lasciavano passare luce sufficiente alla bisogna quindi si avvicinò con passi felpati e - “... come la pantera rosa dei cartoni ...”- furtivamente tirò a  sé il grande contenitore scorrevole alla testa del letto. Nella leggera penombra si arrampicò  sui ripiani bassi per andare a prelevare quello che cercava.  La piccola scatola di latta gialla era lì dove la sera prima il babbo l’aveva riposta. Evitando ogni rumore prese il piccolo contenitore, richiuse lo scorrevole, la porta della camera e approdò nella sua piccola stanza.

La scrivania sotto al letto la attendeva.

Vi depose la scatola, entrò in bagno e riempì di acqua del rubinetto il bicchiere degli spazzolini da denti. La carta, ormai lo sapeva bene, era nel cassetto della  piccola libreria.

Aprì la scatola degli acquerelli e senza indugi  cominciò a dipingere.

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