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Il regalo

Nocetta con limoni, 2000

Il regalo | 2010

La Renault quattro tielle rossa saliva ansimando i tornanti della collina.

L’orologio digitale attaccato con la colla sul cruscotto lampeggiava l’ora. Erano le sette e quarantanove di un giorno di lavoro per Maninba; africano di colore trapiantato nei colli del Chianti. Dalla Liberia fino a Firenze.

Un viaggio lungo cinque anni.

In Marocco per l’imbarco sul peschereccio. Lo sbarco clandestino in Sicilia. I primi durissimi giorni segnati dalla fame e dalle notti all’addiaccio. A cogliere i pomodori nel Salento. A vendere le statuette falso etniche lungo le spiagge della costa Adriatica. Fino qui a imparare l’arte della creta. L’alchimia dei quattro elementi base [terra-acqua-aria-fuoco] che produce un materiale unico detto volgarmente cotto. “Terrecotte dell’Impruneta fatte a mano le chiamano i frettolosi e ricchi visitatori del Chianti Schire. Che vengano a vedere le nostre mani alla fine del turno. Tutte incollate di grigia terra e disponibili ai sicuri reumatismi invernali. Che vengano.”

Questi erano gli scomposti pensieri del nostro eroe.

Ma la carretta mobile era giunta a destinazione. La sirena delle otto era prossima all’urlo. Iniziavano le otto ore. Marimba si concentrò sul lavoro del giorno. Tegole da copertura. “Prendi la creta bagnata e la stendi dentro la forma. Pressi bene con le mani. Lisci. Ripassi. Ti bagni le mani. Sformi il pezzo e lo metti ad essiccare. Ripeti. Ripeti. Ripeti. …” Così aveva insegnato il Romoli.

Così fece Marimba.

Un pensiero si rincorreva però dentro al sua testa. Il quindici del mese prossimo suo fratello Rodrigue [giù al paese] si sposava. Le condizioni finanziarie del nostro non consentivano certo di progettare un viaggio. “Ma almeno un bel regalo lo voglio spedire. Un regalo mio. Un oggetto fatto con le miei mani.”

Intanto la sirena delle cinque urlò la fine del turno.

Il nostro ripose le sue cose. Chiese ed ottenne il permesso di portare con sé una forma e un po’ di creta. Le mani erano le sue. Le mani possedevano l’arte. Percorso inverso fino all’auto e poi a casa. Alla catapecchia che abitava con sette altri extracomunitari [si dice così ?].

“Un regalo mio.”
Il tavolo in legno grezzo era al centro della cucina. Al centro del piano un cesto di vimini accoglieva poche noci. Gli altri tornavano più tardi. L’operaio inizio il lavoro. Tutto come durante il giorno. Poche varianti erano necessarie all’idea che aveva avuto. Un setto in giù e uno in su sui due lati corti.  Il rialzamento asimmetrico delle sponde laterali. Fori per la presa delle mani. Una noce per le incisioni del piano inclinato.

Era pronto.

Sformò lo strano oggetto che aveva appena fatto. Lo ammirò e rimirò. Era bello e elegante. “Potrebbe stare al centro del tavolo di mio fratello laggiù in Africa. Ci metterà dentro la frutta. Farò un figurone.” Pensò contento. E, schiacciando una noce, a voce alta disse.

“Lo chiamerò nocetta.”

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