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Ho visto la Maodonna, 1996 |
A Piero | 1996
Era un tardo
pomeriggio primaverile e il nostro eroe - un simpatico turista (tedesco?) a bordo della sua nuova
Mercedes sw munita di tappezzerie in pelo di agnello, cane pastore (tedesco?) e famigliola (moglie e due
bambini) - si trovava a passare da Monterchi alla ricerca della famosa cappella
contenente l’opera summa del pittore quattrocentesco Piero della Francesca.
Il nostro
turista , per quanto munito di guida Michelin aggiornatissima, non riusciva ad
individuare l’oggetto della sua ricerca e continuava a vagare per le campagne
intorno al paese. Provò allora a domandare al solito passante che in dialetto
stretto così rispose: “La Madonna ? ...
ma ... credo che l’abbino spostata in paese... mi pare nella vecchia scuola del
fascio... provi un po’ a veder lì, è appena fuori delle mura ...c’è davanti una
chiesa”.
II nostro si
recò ivi.
La facciata di
una piccola scuola elementare lo
accolse. Il turista, sempre più sconcertato, parcheggiò la macchina, intruppò
la famiglia ( moglie, due figli e il cane) e provò ad entrare. Ma ancora le
sorprese e le peripezie non erano finite. La porta era chiusa. La locandiera lì
vicino gli comunicò che la sera, in Italia, i musei sono chiusi. “Però stasera è aperto il caffè sul giardino
... mi pare che suonino. Sa ... e son giovani”. Helmut la prese in parola e
scopri così la grande muraglia, un edificio
in pietrame e mattoni, invisibile dalla strada, che affacciava sulla
valle e tagliava in due il giardino della vecchia scuola. Si attaccava ad essa con due pareti vetrate
che lasciavano intravedere l’interno. Tutto un incastro di scale e percorsi con
una parte interrata dalla quale proveniva una debole illuminazione diffusa
Chissà che cosa
mai sarà, pensò sorseggiando un bicchiere.
La famiglia
trascorse una piacevole serata bevendo
del vino locale e assaggiando ribollita, un gustoso e povero piatto di
quelle parti. Prima di addormentarsi fecero i piani per l’indomani. Prima una
bella visita al museo ed alla scoperta della grande muraglia e poi una bella
mangiata alla locanda in paese.
Helmut e la sua
famiglia ( Ingrid, Hans, Gretel e Rintintin -il cane-) la mattina si alzarono
di buon ora. Ricca colazione internazionale -alloggiavano in un albergo di gran
lusso appena inaugurato- e poi via. Subito all’ingresso del museo. Percorsero
le sale iniziali, sostarono molto alla stazione multimediale con i computer, i
video e il collegamento ad internet. Si fermarono, passando, nel corridoio a
veder dall’alto quella strana struttura che la sera prima li aveva così colpiti
stimolando la loro fantasia. “Però; bella
quella muraglia in pietra e mattoni … ”, disse Hans, “… sarà il castello della strega”. “Ma no …” , lo riprese Gretel “
… non vedi le feritoie ? Da lì entra luce. Le streghe stanno al buio”. Chissà
cosa significa, pensò Ingrid, quella
lapide in bronzo sul cortile con incisa la rosa dei venti. Sempre più curiosi i nostri eroi si
avventurarono nell’ultima sala del piano rialzato. Subito si trovarono in un grande volume tutto in
cemento armato (tetto, pareti, scale, pavimenti) traforato da piccole feritoie
quadrate che lasciavano penetrare fasci di luce. “Papà …”, fece Gretel, “ …
sono stanca voglio prender l’ascensore”. “Io sono grande …”, disse Hans, “
… prendo le scale”.
Arrivarono
nell’interrato e finalmente la videro.
Sul fondo di una
piccola sala tutta grigia con fughe sui muri , sul pavimento , sul soffitto e poggiata su un grezzo pavimento in
pietra serena si ergeva la teca climatizzata con l’affresco del Piero
pingitore. Sostarono finalmente, stremati, su una piccola panca in legno di quercia
discutendo su quanto imparato nel percorso museale appena compiuto.
Helmut si era
però estraniato.
Aveva fame e
doveva onorare una promessa fatta alla sua vecchia mamma a Berlino: tornare nei
luoghi dove lei era nata, aveva conosciuto suo padre, ed aveva concepito suo
figlio. Erano quasi le dodici. Propose di andare a mangiare qualcosa alla
vicina caffetteria. Uscirono in giardino e ammirarono la campagna seduti sul
piedistallo in pietra della statua del sommo pittore. Mangiarono crostini
toscani bevendo vino rosso sangue e coca - cola ed Helmut onorò la promessa
fatta alla mamma.
Scrisse una
cartolina con il motto: “...Ho visto la
Madonna !”
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