Nel tombino
| 2021
“
Mi è d’uopo confessare a questa
illustrissima Corte che questa è la verità; la verace, verissima ed evidente verità
sulla vicenda che vado ad esporre. Fin da piccolo son
stato impacciato nei movimenti. Ho sempre avuto difficoltà a produrre gesti
fluidi e armoniosi. Ho sempre saputo che
non sarei mai stato un ballerino classico. E se è per questo neanche uno non
classico.
Goffo
insomma.
Non so
se possano entrarci come generici fatti a discarico comunque dovete sapere che dai
tre anni in avanti ho sofferto di balbuzie e dai sei e oltre ho difficoltà con
la scrittura in corsivo. Mi trovavo meglio con lo stampatello anche se, come è
facilmente immaginabile, ne soffriva la velocità d’esecuzione.
Il
dettato poi era un supplizio.
Che vivevo
come una delle sette fatiche di Ercole. Signor Pretore ne scelga pure una a suo
piacimento. Provi ad immaginarsela al vivo. Ecco; quella. Ricordo alcuni
correttivi: bacchettate sul dorso delle mani, senza colazione, in ginocchio sui
ceci dietro la lavagna, a pensare seduto verso rivolto verso il fondo della
classe e robe simili.
La scuola
elementare della campagna toscana negli anni sessanta.
Son
nato impacciato e lo rimasi: cadute da piccino, da ragazzo e d’adulto. Incidenti
domestici e stradali. Con la bici la moto e la macchina. Sul lavoro poi signor
Cancelliere avrei certe chicche che impegnerebbero per ore la segretaria Verbalizzante;
la bella signora mora col tailleur fumo di Londra e le scarpe tacco dodici che batte
sui tasti come fosse un direttore d’orchestra. Ma siccome non è questo il tema se Vossignoria
me lo concede lascerei perdere.
Anzi veniamo
all’oggi.
Stamani
finisco per tempo la spesa settimanale e rientro in paese. Parcheggio e salgo
in casa coi sacchetti ricolmi. Come al solito lascio tutto sopra il tavolo a
cinque gambe; quello lungo nel mezzo di stanza accanto alla porta di cucina. Con
Silvia addetta a riporre le cose a me il compito di cercare alcuni cibi che ho
preso per babbo che ci abita confinante. Li trovo e li agguanto. Sono una
confezione di stracchino protetto da una scatola di plastica trasparente e
mezzo chilo di fagiolini verdi imbustati dentro nella rete dello stesso colore.
Mi munisco del mazzo di chiavi, quello giusto, e di giacca a vento d’ordinanza
che non indosso. Scendo alla porta e mi accorgo che non ho la prescritta
mascherina chirurgica. Mi tocca tornare indietro e munirmene.
Signor
Giudice chiedo sia messo agli atti che indossavo la prescritta mascherina anti Covid.
Con
tutti questi arnesi stretti con mano sinistra esco. Poco prima di arrivare in
strada, chissà perché, mi ricordo di controllare la cassetta postale. Il sabato
di solito la postina è di festa e non si trova niente. Oggi si. C’è una lettera
richiedente quattrini per una qualche agenzia di carità. Il destinatario non
sono io quindi acchiappo la missiva con la destra e chiudo la cassetta. Signor
giudice saranno diciotto metri o poco più da casa mia al cancello del babbo. Ai
quindici inizio a trafficare con gli oggetti che ho in sinistra con
l’intenzione di passarli alla destra. Tutti uno escluso.
Il mazzo
di chiavi è l’obbiettivo dei movimenti scomposti.
Tutto
l’insieme è organizzato con moschettone cromato, a forma di faccia di Topolino,
che contiene un anello d’acciaio anch’esso. Dentro al cerchio ci sono sei
chiavi di forma e dimensioni diverse oltre ad altro anello, questo più piccolo
e leggero, che porta un vecchio cartellino di metallo con stampato in altorilievo
la scritta Mandarina Duck e la sagoma di una papera. Dolce in fondo la
chiavetta Usb, capacità centoventotto gigabit che è un poco l’archivio
portabile dei lavori in corso, e un gettone per carrello da supermercato con
smaltata sul metallo una croce rossa su fondo bianco cui son molto affezionato.
E siccome
l’imperizia è il mio mestiere ecco qua il resto.
L’accrocco
d’acciaio si anima improvvisamente quasi di moto proprio. Comincia a saltellare
tra il pollice e l’indice e il medio anche. Come se un gruppo di grilli invasati
si fossero convinti di essere artisti del Cirque du Soleil. E come tale si
comportano. Zompettano tra le dita ed il palmo mimando quella filastrocca che
fa: Mano mano pazza … da qui passò una lepre pazza … Ma questa la sapete quindi
che continuo a fare?
Comunque
sia a forza di volteggi e giravolte vince la forza di gravità.
Sotto
di noi c’è un tombino. Anzi voglio dettagliare meglio se permette signor Pretore.
Trattasi di coperchio in ghisa, con fori rettangolari stondati appositamente
disegnati per il deflusso dell’acqua piovana, della caditoia stradale. Il mazzo ci sbatte
a capofitto proprio nella parte piena e li pare fermarsi. Rammento che ho
appena il tempo di pensare: Che fortuna … poteva centrare il vuoto e adesso
stava a bagno …; che il peso della papera Mandarina vince su chiavi, anelli e
compagnia bella e si tuffa, trascinando il resto, nel buco nero.
Splash.
Il rumore
del tonfo mi coglie impreparato. Poso il resto degli oggetti sul muretto vicino
e m’inginocchio sull’asfalto con la faccia orientata verso il basso. Il luccichio
del metallo conferma che l’armentario si è posato sul basso fondale di un
pozzetto con alcuni centimetri d’acqua. Adesso devo organizzare il recupero. Apro
il cancello del giardino alla ricerca di un tondino d’acciaio da piegare a gancio.
Ne trovo uno e tento invano molte volte. La caditoia è molto profonda, molto più
dell’apparenza. Oogni volta che aggancio un anello il peso del resto vince e
scivola giù. Mi sento come quando al luna park da adolescente tentavo la pesca
del pacchetto di sigarette con la gru a tre denti e vinceva sempre il banco.
Mi assale
un senso di impotenza.
Conosco
pozzetti e caditoie e so che sono costruiti per essere ispezionabili ma gli
operai stradali l’hanno per l’appunto sigillati l’altro ieri asfaltando la
strada. Ciononostante provo con la forza bruta tentando di tirar su il
coperchio di ghisa. Niente da fare il catrame ha fatto presa ed è più forte di
me. Cambio strategia e passo al piano B. Ritorno in giardino alla ricerca degli
attrezzi giusti; scalpello e mazzuolo; che trovo riposti in un angolo sotto un sacco
di cemento.
Adesso
gioco io.
Dai e
dai, picchia e mena riesco a pulir l’intorno del coperchio producendo una bel
mucchio da discarica controllata. Adesso basta picchiarci sopra con decisione e
sono pronto al sollevamento. Infilo i guanti da lavoro, afferro il pezzo dai
fori sopra e tiro. E tiro con tutte le mie forze. Uno stack improvviso
accompagna la salita del coperchio. Il mazzo è laggiù sul fondo. Nel mentre lo
afferro sento una voce imperiosa come se fosse un ordine. Anzi è proprio un
ordine: Alt! Cosa ha preso nel tombino?Mani in alto; di chi sono quelle chiavi?
Corte
e avvocati, Pretore e difensori, Giudice e Piemme, Giuria e cancelliere. Sono stato
tradotto in carcere, imputato di non so cosa e messo a processo d’urgenza neanche
fossi terrorista o mafioso, evasore o politico. Un delinquente conclamato insomma.
Mi sento un poco come quel Detenuto in attesa di giudizio e come tale offeso e
calunniato. Non so come andrà a finire questa farsa. Signori tutti ecco quello
che interessa a me.
Riavere
indietro il gettone con la croce smaltata per finire la spesa.
“
Nessun commento:
Posta un commento