Lettori fissi

18/03/21

Nel tombino

 


Nel tombino | 2021

 

E va bene.

 

Mi è d’uopo confessare a questa illustrissima Corte che questa è la verità; la verace, verissima ed evidente verità sulla vicenda che vado ad esporre. Fin da piccolo son stato impacciato nei movimenti. Ho sempre avuto difficoltà a produrre gesti fluidi e armoniosi.  Ho sempre saputo che non sarei mai stato un ballerino classico. E se è per questo neanche uno non classico.

 

Goffo insomma.

 

Non so se possano entrarci come generici fatti a discarico comunque dovete sapere che dai tre anni in avanti ho sofferto di balbuzie e dai sei e oltre ho difficoltà con la scrittura in corsivo. Mi trovavo meglio con lo stampatello anche se, come è facilmente immaginabile, ne soffriva la velocità d’esecuzione.

 

Il dettato poi era un supplizio.

 

Che vivevo come una delle sette fatiche di Ercole. Signor Pretore ne scelga pure una a suo piacimento. Provi ad immaginarsela al vivo. Ecco; quella. Ricordo alcuni correttivi: bacchettate sul dorso delle mani, senza colazione, in ginocchio sui ceci dietro la lavagna, a pensare seduto verso rivolto verso il fondo della classe e robe simili.

 

La scuola elementare della campagna toscana negli anni sessanta.

 

Son nato impacciato e lo rimasi: cadute da piccino, da ragazzo e d’adulto. Incidenti domestici e stradali. Con la bici la moto e la macchina. Sul lavoro poi signor Cancelliere avrei certe chicche che impegnerebbero per ore la segretaria Verbalizzante; la bella signora mora col tailleur fumo di Londra e le scarpe tacco dodici che batte sui tasti come fosse un direttore d’orchestra.  Ma siccome non è questo il tema se Vossignoria me lo concede lascerei perdere.

 

Anzi veniamo all’oggi.

 

Stamani finisco per tempo la spesa settimanale e rientro in paese. Parcheggio e salgo in casa coi sacchetti ricolmi. Come al solito lascio tutto sopra il tavolo a cinque gambe; quello lungo nel mezzo di stanza accanto alla porta di cucina. Con Silvia addetta a riporre le cose a me il compito di cercare alcuni cibi che ho preso per babbo che ci abita confinante. Li trovo e li agguanto. Sono una confezione di stracchino protetto da una scatola di plastica trasparente e mezzo chilo di fagiolini verdi imbustati dentro nella rete dello stesso colore. Mi munisco del mazzo di chiavi, quello giusto, e di giacca a vento d’ordinanza che non indosso. Scendo alla porta e mi accorgo che non ho la prescritta mascherina chirurgica. Mi tocca tornare indietro e munirmene.

 

Signor Giudice chiedo sia messo agli atti che indossavo la prescritta mascherina anti Covid.

 

Con tutti questi arnesi stretti con mano sinistra esco. Poco prima di arrivare in strada, chissà perché, mi ricordo di controllare la cassetta postale. Il sabato di solito la postina è di festa e non si trova niente. Oggi si. C’è una lettera richiedente quattrini per una qualche agenzia di carità. Il destinatario non sono io quindi acchiappo la missiva con la destra e chiudo la cassetta. Signor giudice saranno diciotto metri o poco più da casa mia al cancello del babbo. Ai quindici inizio a trafficare con gli oggetti che ho in sinistra con l’intenzione di passarli alla destra. Tutti uno escluso.

 

Il mazzo di chiavi è l’obbiettivo dei movimenti scomposti.

 

Tutto l’insieme è organizzato con moschettone cromato, a forma di faccia di Topolino, che contiene un anello d’acciaio anch’esso. Dentro al cerchio ci sono sei chiavi di forma e dimensioni diverse oltre ad altro anello, questo più piccolo e leggero, che porta un vecchio cartellino di metallo con stampato in altorilievo la scritta Mandarina Duck e la sagoma di una papera. Dolce in fondo la chiavetta Usb, capacità centoventotto gigabit che è un poco l’archivio portabile dei lavori in corso, e un gettone per carrello da supermercato con smaltata sul metallo una croce rossa su fondo bianco cui son molto affezionato.

 

E siccome l’imperizia è il mio mestiere ecco qua il resto.

 

L’accrocco d’acciaio si anima improvvisamente quasi di moto proprio. Comincia a saltellare tra il pollice e l’indice e il medio anche. Come se un gruppo di grilli invasati si fossero convinti di essere artisti del Cirque du Soleil. E come tale si comportano. Zompettano tra le dita ed il palmo mimando quella filastrocca che fa: Mano mano pazza … da qui passò una lepre pazza … Ma questa la sapete quindi che continuo a fare?

 

Comunque sia a forza di volteggi e giravolte vince la forza di gravità.

 

Sotto di noi c’è un tombino. Anzi voglio dettagliare meglio se permette signor Pretore. Trattasi di coperchio in ghisa, con fori rettangolari stondati appositamente disegnati per il deflusso dell’acqua  piovana, della caditoia stradale. Il mazzo ci sbatte a capofitto proprio nella parte piena e li pare fermarsi. Rammento che ho appena il tempo di pensare: Che fortuna … poteva centrare il vuoto e adesso stava a bagno …; che il peso della papera Mandarina vince su chiavi, anelli e compagnia bella e si tuffa, trascinando il resto, nel buco nero.

 

Splash.

 

Il rumore del tonfo mi coglie impreparato. Poso il resto degli oggetti sul muretto vicino e m’inginocchio sull’asfalto con la faccia orientata verso il basso. Il luccichio del metallo conferma che l’armentario si è posato sul basso fondale di un pozzetto con alcuni centimetri d’acqua. Adesso devo organizzare il recupero. Apro il cancello del giardino alla ricerca di un tondino d’acciaio da piegare a gancio. Ne trovo uno e tento invano molte volte. La caditoia è molto profonda, molto più dell’apparenza. Oogni volta che aggancio un anello il peso del resto vince e scivola giù. Mi sento come quando al luna park da adolescente tentavo la pesca del pacchetto di sigarette con la gru a tre denti e vinceva sempre il banco.

 

Mi assale un senso di impotenza.

 

Conosco pozzetti e caditoie e so che sono costruiti per essere ispezionabili ma gli operai stradali l’hanno per l’appunto sigillati l’altro ieri asfaltando la strada. Ciononostante provo con la forza bruta tentando di tirar su il coperchio di ghisa. Niente da fare il catrame ha fatto presa ed è più forte di me. Cambio strategia e passo al piano B. Ritorno in giardino alla ricerca degli attrezzi giusti; scalpello e mazzuolo; che trovo riposti in un angolo sotto un sacco di cemento.

 

Adesso gioco io.

 

Dai e dai, picchia e mena riesco a pulir l’intorno del coperchio producendo una bel mucchio da discarica controllata. Adesso basta picchiarci sopra con decisione e sono pronto al sollevamento. Infilo i guanti da lavoro, afferro il pezzo dai fori sopra e tiro. E tiro con tutte le mie forze. Uno stack improvviso accompagna la salita del coperchio. Il mazzo è laggiù sul fondo. Nel mentre lo afferro sento una voce imperiosa come se fosse un ordine. Anzi è proprio un ordine: Alt! Cosa ha preso nel tombino?Mani in alto; di chi sono quelle chiavi?

 

Corte e avvocati, Pretore e difensori, Giudice e Piemme, Giuria e cancelliere. Sono stato tradotto in carcere, imputato di non so cosa e messo a processo d’urgenza neanche fossi terrorista o mafioso, evasore o politico. Un delinquente conclamato insomma. Mi sento un poco come quel Detenuto in attesa di giudizio e come tale offeso e calunniato. Non so come andrà a finire questa farsa. Signori tutti ecco quello che interessa a me.

 

Riavere indietro il gettone con la croce smaltata per finire la spesa.

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