SI è Siena | 2005
Siena
di tre cose è piena.
‘Sti
pensieri si affastellano in testa al viaggiatore che percorre, intorno alle
cinque dopo mangiato,
“Chissà
se il telefonino della tre che ho preso alla Silvia sarà gradito”.
“Chissà
se sarà una bischerata presentarsi insieme a tre semplici bottiglie di vino
rosso non griffato con l’etichetta
disegnata apposta e incartate con la repubblica del mese scorso”.
“Chissà
se mi ricordo la strada”.
La
strada è facile dicono loro.
“Esci
alla prima per la città. Non prendere per il mare e neanche per la città del
giglio. Trovi un vialone e vai tutto dritto. Tu non svoltare mai fino ad una
rotonda grande. Una rotondona. Mezzo giro e ancora dritto e poi ti ricordi
certo perchè ci sei già stato altre volte”. È facile. E infatti mi perdo.
Nonostante la tecnologia digitale e il telefonino satellitare. Mi perdo. Chiedo
informazioni telefoniche per (vediamo se indovinate) tre volte e finalmente ci
sono. Baci e abbracci e poi un poco di seghe mentali che ci si fanno sempre
ogni volta. E’un po’ rito. Come gli ebrei che si facevano lavare i piedi
dal padrone di casa prima di cena. Noi
ci fa un po’ di robe della mente. E poi via verso le mura costruite quando il
paese era forte e faceva un mazzo tanto anche agli abitanti del fiume di Dante
Durante
il viaggio mi metto zitto e rifletto che Siena di tre cose è piena.
Tre
come il numero perfetto. Tre come la trinità cristiana. Tre come la triade
cinese. Tre come numero primo anche se è il secondo. E tre viene ancora dopo
l’uno nella serie di Fibonacci. Tre come i fratelli Marx. Tre come gli Emerson Lake & Palmer. Tre come gli Experience
meglio conosciuti come il gruppo di Hendrix. Tre come
Ma
le riflessioni finiscono nel parcheggio sotto terra davanti all’università di
Adolfo. Siamo dentro la cinta. Una strada in salita. Poi una piazzolina con
davanti un vecchio edificio spettacolare. Ancora strade in salita. Tortuose
come il carattere degli abitatori della città. L’ultima via è tutta diritta. Si
spara a fittone verso la chiesa a
strisce bianco e verde. In piazza c’è un misero alberello di natale. Ignobile
come la tradizione dell’albero. Mica siamo del nord.
Noi.
Noi
siamo nel mezzo del mare nostro e se proprio dobbiamo ragionare di nascita
eccetera. Buttiamoci perdindirindina sul presepio. Fortunatamente si scansa
l’albero e ci si fionda a pesce dentro l’atrio del Pellegrinaio dove ci sono
delle dipinture su fresco che da sole valgono la visita. Siamo in Santa Maria
della Scala. Nell’atrio ci sono poche persone infreddolite.
Una
di queste ci accoglie con: “… prego … signori … biglietti prego”. Io rimango
spiazzato. Avevo notizie che stavamo per fare una visita, come si dice, a
gratis ma faccio buon viso a cattivo gioco e metto mano al denaro. Poi per
fortuna tutto rientra. Il tipo mica era il bigliettaio ma anzi un nostro
compagno di viaggio. Un sessantenne con gli anni portati bene e battezzato col
cognome di un difensore dell’Internazionale dei primi dell’ottanta. Anzi poi mi
raccontano che di anni ne ha ottanta e passa. Accipicchiolina.
Ma
ora basta.
E
l’ora della visita all’esposizione. Il titolo racconta del nascere in quei
territori e non mi pare il caso di aggiungere altro perché questa novella
racconta altro. Magari due robe le metto in fila. Tipo l’allestimento che, non
per piaggeria, mi pare buono tendente in su. Indovinato il colore delle pareti.
Ottima la grafica con le scritte giganti in cima ai muri di ogni sezione. Mi ha
incuriosito la sala dei biberon e terrorizzato quella dei forcipi. La visita è
finita gli amici se ne vanno. Se ne vanno a cena in un posto li vicino. Un
posto che ha a che fare con i preti e con l’ultimo boccone.
Buoni
il posto, il mangiare e la compagnia. Yes.
La
pagina sta per finire e io di solito
scrivo sempre novelle di una faccia o poco più. La maestra di lettere alle
medie mi chiamava Pipino il breve perché al momento del tema in classe duravo
una fatica bestia a svoltare (con le parole si intende) il primo foglio
protocollo. E visto che la pagina è in fondo è l’ora di chiudere il pezzo per
la stampa. Prima però un ricordo (mio) dei primi anni settanta.
Ricordo
che le prime volte che mi capitava di andare al mare con gli amici si faceva la
gara delle targhe. E mi colpì molto un adesivo sopra ad una centoventisette
Bluette.
Era
di forma ellittica.
Tutto
bianco con una scritta rossa al centro che faceva pressappoco così: “Sièsiena”.
Ecco allora Siena che di tre cose è piena.
Amici
3.
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