Lettori fissi

06/08/20

Labor


Labor | 2007

Che cos’è il genio?

E’ fantasia, intuizione,

 colpo d’occhio e

velocità di esecuzione.

Benvenuti, De Bernardi, Pinelli

AMICI MIEI

(Rizzoli, Milano, 1976)

 

Una strada si incunea nella valle.

 

E’ la regionale settantuno del Casentino che passa sopra all’Arno su uno sgraziato ponte in cemento armato. Poco prima del passaggio sul fiume la strada svirgola a destra con una curva che a scuola si chiamava “ad angolo giro”. Ecco. Siamo arrivati al luogo. All’ingresso da sud all’abitato di Capolona. Se si prende a sinistra lungo il fosso Catriolo si possono ammirare i recenti opifici sotto la collina terrazzata.

 

Se si gira per la mano dritta ci si avvia verso il paese.

 

Appena passato il sottopasso della regionale si potrebbe ancora svoltare a destra e capitare in San Martino Sopr’Arno. Oppure proseguire dritti, frisare la villa detta La Nussa, e sbattere   sul muretto di affaccio al fiume. Dopo la retromarcia dell’auto si potrebbe parcheggiare in zona a rischio multa e scendere all’acqua verso l’eco museo ricavato dentro un caseggiato  che un tempo occupava la fabbrica dell’energia. Oppure proseguire lungo la strada che corre parallela al correre dell’acqua ed entrare in paese. Ma noi si parcheggia, poco prima, nello spiazzo sterrato all’angolo con l’antico fortilizio e si scende. Davanti a noi gli orti lungo il fosso. Poco più dietro la fabbrica dismessa che un tempo produceva oggetti di metallo giallo e prezioso.

 

Una terra di confine.

 

Non ancora città e neanche più campagna. L’ingresso al paese da mezzogiorno.

 

 

Il posto del progetto.

 

Il gruppo al lavoro è composto dal docente Alessandro Mendini architetto con sette giovani progettisti coadiuvati da chi scrive in veste di tutore e da Roberto Remi artista.

 

Il metodo adoprato è semplice ed essenziale. Quasi uno standard per questo tipo di interventi da costruire in pochi giorni in luoghi poco conosciuti  dai progettisti. Riunioni di conoscenza del luogo e sopraluoghi diretti. Foto e disegni. Discussioni e prime idee. E poi la scelta. La copertura a “shed” del luogo di lavoro davanti al fosso diventa il simbolo architettonico del progetto. Sulla base di un semplice schema ogni partecipante si occupa principalmente di un pezzo del progetto senza però tralasciare l’immagine totale. Dal particolare al tutto. Con continui aggiustamenti di tiro.

Una sorta di “jam session” dell’architettura.

 

Se ne vengono fuori allora tante proposte per uno stesso tema. C’è chi si occupa dell’organismo funzionale interno con lo studio delle piante e delle sezioni oppure chi disegna l’accesso dalla parte del fosso e il giardino degli olivi. Ancora chi studia la pelle dell’edificio e le tessiture della facciata o invece chi ragiona sul materiale della copertura e sui decori dei pannelli di rivestimento. C’è poi chi  prende in esame il sistema degli arredi urbani con le trame delle pavimentazioni esterne o anche chi si concentra sullo studio del porticato di ingresso all’organismo.

 

L’artista concede preziosi consigli sul colore e sulla percezione

Il docente lega tutto quanto con un immagine unitaria, forte, potente e urbana.

Al tutore il compito di girar per i tavoli ad incoraggiare i progettisti..

 

E poi, siccome non ha niente altro da fare che facilitare il lavoro altrui, si mette in testa di produrre qualcosa. Labor(a) a certe immagini, disegna un logo e scrive una novella. 

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