Vorrei | 2003
Vorrei mangiare più sano e naturale.
Vorrei nutrirmi con i prodotti che usavano le nonne. Vorrei assaporare i prodotti naturali. Vorrei … ma la sera torno tardi; apro il frigo; accendo il forno e mi pappo la porzione precotta davanti alla televisione.
Vorrei vivere senza dover pensare alla guerra del petrolio. Vorrei vivere in pace. Vorrei essere un po’ americano e un po’ arabo. Vorrei… ma guido l’automobile e sono pieno di contraddizioni. Vorrei costruire un edificio per i bambini. Vorrei costruire una scuola. Vorrei costruirla senza cemento.
Vorrei … e allora ci provo.
Tutto sommato sono (siamo) affezionati alle cose normali; al pollo del contadino e all’offerta imperdibile del supermercato; un po’ di tecnologia e un pizzico di natura. Viviamo una normale vita e proviamo a pensare da architettori. Edilizia e architettura. L’architettura per i figlioli e per le maestre. L’architettura per lo studio e per il gioco. Civica e urbana a un tempo. Adatta allo studio ma pensata anche per il gioco. Che inizia in una piazzetta asfaltata contornata da un gruppo di case sgranate lungo un antico percorso a mezza costa tra Firenze e il Valdarno.
Il posto dell’architettura è un campo un tempo coltivato ad olivi di forma rettangolare irregolare. Un muretto in pietra alberese lo divide da una piccola strada a piedi. Un canale di scolo lo confina sull’altro dirimpetto. Il bordo a contatto con la piazzolina è caratterizzato da una scarpata alberata . Il terreno è in pendenza verso il baso e si apre verso una; ancora abbastanza interessante; tipica campagna toscana.
Questo è il luogo. Vediamo il progetto.
L’ingresso si intravede percorrendo la via del San Donato. Le auto accedono da passaggi separati e si posizionano in file ordinate sopra ad un prato. I pulmini dei bambini in età prescolare continuano verso la parte bassa del lotto e lasciano gli scolari vicino all’ingresso della materna. I ragazzi delle elementari e le insegnanti percorrono un piccolo ponte/viadotto e trovano l’edificio. Un fronte orientato verso nord e verso la piazza. Una loggia di ingresso.
Accediamo insieme ai figlioli.
I custodi ci accolgono nella loro stanzetta e ci guidano lungo un emiciclo che, ogni tanto, affaccia nel piano sottostante. Verso destra il corridoio da acceso alle varie classi ordinarie, a quelle speciali, ai locali per l’igiene e alla biblioteca. A sinistra possiamo entrare nella palestra/auditorium mentre se apriamo la porta di fronte siamo dentro alla stanza delle maestre. Ma noi continuiamo il nostro giro e scendiamo la scala.
Adesso camminiamo al piano terreno che si sviluppa in maniera simile al di sopra. Se fosse mezzogiorno potremmo entrare nella mensa e mangiare. Ma sono le otto e allora bisogna entrare in aula. La maestra ci accoglie. La forma del locale è strana; assomiglia ad un pezzo di torta come quelle del compleanno. Il soffitto è di legno dipinto, le pareti gialline sono finite con un normale intonaco a calce. Sul lato opposto alla porta di ingresso tante porte vetrate conducono lo sguardo verso l’esterno.
Forse possiamo uscire?
No perché adesso è ora di lezione. Sistemiamo le nostre cose e ci sediamo. Il tempo scorre in fretta. Sono le dieci e quindici. È ora di merenda. Ai nostri tempi (noi che raccontiamo) si chiamava colazione ma tant’è. La maestra giovane e carina. Simpatica e gentile. Bambini potete uscire all’aperto ma mi raccomando non andate per le scale. Io e la mia amica del cuore usciamo. Siamo dentro a una specie di cortile semicircolare contornato da un portico con ballatoio al piano di sopra.
Forse sono dentro all’architettura?
E’ una bella giornata di settembre e tutti i ragazzi sono fuori. Faccio amicizia con un sacco di gente e ritrovo anche alcuni amici con cui ho frequentato la materna l’anno passato. Sono curiosa; lascio il gruppo delle ragazze mi avvicino al fondo della piazzetta pavimentata con una pietra bigia con ricorsi bianchi. C’è un muretto e un cancello. Da una parte una piccola cascata attira la mia attenzione. L’acqua scorre sopra a un muro in pietra e accompagna una rampa a piedi.
Guardo giù.
C’è una vasca piena di un liquido trasparente tipo (come mi ha insegnato babbo) acca due O . Appena finisce la vasca inizia una parete vetrata e vedo Guido, il fratello piccino che proprio oggi inizia la materna. Mi vede anche lui. Lo saluto e decido di scendere di sotto. Piano piano che tanto nessuno mi vede apro il cancello e vado. Lui corre all’ingresso e ci incontriamo.
Mi racconta un sacco di cose.
Mi racconta delle maestre e della scuola, del pulmino che lo ha portato fino a dentro e dell’autista. Mi dice che le sue stanze si aprono verso un campo di olivi. Il soffitto della sua aula è “… una specie di triangolo in legno …” e fuori l’aula è schermata dal sole per mezzo di un pergolato in legno. E’ felice perché ha ritrovato tanti amici del nido. Le insegnati lo hanno guidato alla scoperta della scuola e delle aule speciali. Si è molto divertito soprattutto quando hanno fatto i salti e le capriole nell’aula delle attività motorie. Continua nel racconto e mi confida che dopo mangiato le maestre hanno promesso di condurre la sua classe dagli animali. Ci sono i polli e le anatre. C’è anche un cane che si chiama Campione. Vorrebbe continuare ma la sua maestra lo chiama.
Io fuggo di sopra e mi intruppo con gli altri.
Si torna in classe. Si torna a lezione. Che palle. Per fortuna tra un ora ho ginnastica. Per fortuna l’ora passa veloce. Su bambini prendete lo zaino delle scarpette che si va in palestra. Siamo dentro una grande stanza molto alta. Delle strane strutture a triangolo reggono la copertura. Ci cambiamo nello spogliatoio per le femmine.
Devo fare pipi..
Vado in bagno e dopo mi metto la tenuta da ginnica. Mi piace la ginnastica e domani, in paese, inizio il corso di quella artistica. Esco dal locale e una fitta fila di colonne mi accoglie. Su in alto vedo passare una maestra che ci saluta. Ci divertiamo a fare gli esercizi fino alla mezza.
Adesso è ora di mangiare.
E’ una delle cose che più mi piacciono. Speriamo però che non ci sia il pesce con l’insalata perché allora salto il pranzo. Ho fortuna che il menù propone: spaghetti al pomodoro, fettina ai ferri e patatine fritte. La frutta la mangio a merenda. Il dopo mangiato scorre lento. Non vedo l’ora di uscire per raccontare alla mamma tutto quello che ho fatto nel mio primo giorno di scuola.
Mi sono scordata di parlare del Lucignolo in bronzo che mi ha accolta all’ingresso ritto sopra un basamento circolare in pietra. Speriamo che i soldi per costruirlo siano sufficienti altrimenti mi tocca chiedere al babbo di rinunciare all’arte
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