L’erba alle bestie | 2005
Arrivano a
frotte di primo mattino.
Sciamano da
sottoterra come formiche. Parcheggiano la carrozza nel sottosuolo ed escono da
quei due piccoli edifici in pietra messi sul limite della piazza e tangenti
alla strada. Si recano al lavoro nelle botteghe del centro.
Poco prima del
levar del sole sono arrivati invece gli erbivendoli.
Son venuti dalla
campagna con i loro carretti trainati da cinquanta e più cavalli. Si sono
posizionati fuori del mercato coperto lì di fronte. Si son messi sotto alle
tettoie e hanno incominciato lo scarico e l’accomodamento delle merci. In
questi giorni di fine settembre l’insalata è speciale. E ancora si trovano i
pomodori. Quelli grossi e tondi da mangiare conditi sul piatto. E poi zucchine
e carote; sedani e cipolle; patate novelle e pedanciani.
Un trionfo di
verdura per le vostre tavole.
E poi; proprio
come veri bottegai; arrivano i mercanti del mercatino. Ne avevo sentito parlare
qualche tempo fa da Nello che mi si era posato sulla spalla. Mi raccontava che:
“… pare… si dice … si vocifera che … il mercatino delle pulci di piazza de’
Ciompi debba essere spostato in altra luogo”.
Evidentemente
Nello il fringuello aveva ragione.
Ecco qui i
mercanti delle pulci. Arrivano alla spicciolata e aprono i bandoni di legno
delle loro casette. Sono in trentatre come i Trentini che entravano a Trento
trotterellando. Trentatre come le botteghe. Ognuno apre lo sporto e comincia ad
allestire il suo spazio. Chi accomoda le cassette con i libri usati e chi mette
fuori il tavolo da restaurare; chi spolvera le ceramiche e chi lucida gli
ottoni. Rigattieri. Venditori di roba piccola. Mercanti delle pulci. E magari
in qualche capannuccia ce ne sono di vive.
Le pulci
intendo.
E buon ultimi
gli scrivani che abitano il nuovo edificio laggiù in fondo vicino alla scuola.
Tutti trafelati con le loro borse di cuoio salgono in fretta le scale e si
piazzano nei loro cubicoli a far conti e a scriver lettere oppure a mandar
piccioni virtuali ad altre persone che fanno il loro stesso mestiere ma
dall’altra parte del mondo. Arrivano nel mentre la campana della chiesa in
fondo a via della Mattonaia batte nove rintocchi. Intanto i commessi della
libreria tirano su le tende e si apprestano alla vendita dell’ultima novità
editoriale mentre l’oste della vicina osteria prepara le colazioni e comincia
pensare a preparare il desinare.
Sono le nove e
la piazza si comincia ad animare.
Il sole
settembrino comincia a scaldar la mente, lo spirito e anche il corpo. Anche il
mio che è tutto di bronzo come le sculture che facevo un tempo. Lorenzo
Ghiberti artista mirabile. Questo è inciso nel basamento di pietra che mi
solleva e mi consente di veder le cose dall’alto. Da quassù, saranno cinque
metri e oltre, si vede un’altra città. La prospettiva schiaccia le persone e
gli animali e le cose. Ci si sente distaccati dal normale scorrere degli
eventi.
Ci si sente
spettatori della piazza.
Mentre la sotto
voi vivete noi si guarda. Dico noi pensando alle altre presenze; di bronzo e di
marmo, di pietra e di ferro sparse per la città. La notte ci si parla aiutati
dal vento e dagli uccelli. Ci si racconta di quando si era di carne e ossa. E
poi certe volte, troppo di rado devo dire, si scende dal piedistallo e ci
incontra e magari si ragiona del più e del meno.
E più in la le
prime massaie si apprestano ai banchi delle verdura.
Inizia la
trattativa sul chilo di mele piuttosto che su tre etti di fagiolini. E a
proposito di verdura se i lor signori
gradiscono avrei piacere di raccontare una battuta di alcuni secoli or sono. La
scenetta si svolgeva in casa nostra durante i banchetti. La battuta è del
nonno. L’introduzione era sempre e immancabilmente della mamma che faceva: “… che la gradite … ser Bonaccorto …. un
pochina di insalata …?” E lui; noto carnivoro; sempre e immancabilmente
rispondeva: “… l’erba …? L’erba alle bestie … io mangio la ciccia.”
E noi ragazzi
che si rideva a bocca aperta.
E ora tutto
questo gran parlare mi ha fatto venire un certo languorino. Anzi meglio una
fame pantagruelica. Ma di roba fresca. La terrina di coccio insieme al sale e
agli altri condimenti è riposta nello scomparto segreto sotto la base.
Ora scendo e mi
vado a comprar le verdure per fare una bella panzanella.
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