Lettori fissi

04/06/21

Recinto

Recinto | 2014-16 Sono recinti gli orti conclusi e i chiostri, i cimiteri e le città murate, i castelli e gli stadi, la grande muraglia e il labirinto. Quest’ultimo è un particolare modello di recinzione. Ci spiega J. L. Borges che: “Un labirinto è un edificio costruito per confondere gli uomini; la sua architettura, ricca di simmetrie, è subordinata a tale fine”. Il mito ci racconta del primo di questi modelli. Del palazzo reale di Cnosso e del suo mostruoso abitante che si nutre di fanciulli; dell’eroe senza macchia e neanche un briciolo di paura e della figlia del re che se ne innamora. E soprattutto ci parla del filo rosso che serve a ritrovare l’uscita dopo che il buono ha trucidato il cattivo. Questo è il labirinto che ho visto per primo. L’ho veduto a Lucca dove “Sotto l’esonartece occidentale del duomo fu murata sulla parete nord del campanile una lastra in pietra raffigurante un labirinto”. L’ho guardato e toccato al tempo degli studi quando ero in giro per la Garfagnana a studiare paesi e città, fiumi e ponti del diavolo, paesaggi e piani regolatori. L’ho fotografato e stampato, ricalcato, disegnato e anche calcato col gesso. Ho studiato per anni il suo negativo. E poi l’ho usato per il progetto del tavolo di pietra, marmo e terracotta che adesso riposa in pace sotto il Salice lungo il confine. Il confine è una linea. Molto spesso, specialmente se stiamo fuori dal recinto, è un tracciato virtuale e altre volte è un solco sul terreno. Un fosso che delimita due possedimenti. Un limite ben definito tra chi sta dentro e chi sta fuori. Così che Romolo uccide Remo dal momento che ha osato scavalcare il solco appena tracciato che segna il limite della città fondata. Estratto da “Aree di confine”, Margine (a note) pag.. 25-28. Ordine APPC Arezzo, 2017

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