Lettori fissi

14/05/21

Un campo

Un campo | 2020 C’era da vedere poco. Il sopraluogo risultò assolutamente inutile. Per arrivarci avevo percorso una stradina con due filari di gelsi che si fronteggiavano sul bordo quasi a salutar i passanti. Il navigatore mi ci condusse con precisione. Ad un certo punto una voce gentile fece “Alt … siete arrivati … volgete lo sguardo a sinistra … ciao”. Toccava scendere. Appena dopo la banchina erbosa c’era un fosso profondo e subito dopo un campo di foraggio, da poco falciato, raccolto in rotoballe. Quelle a forma di grosso cilindro schiacciato lasciate nei campi fino alla fine dell’estate. Allineate o sciolte come tante ruote giganti in attesa di un veicolo che le faccia muovere. Bellissime. Soprattutto verso il tramonto quando il sole di settembre ci gioca a nascondino. E poco altro. In sinistra un caseggiato in forma di tenuta di campagna circondato anzi meglio assediato d strane tende che vagamente richiamavano quelle arabe usate dai beduini. In destra i resti semi distrutti di un’antica casa leopoldina. Quelle tipiche con la torretta, le logge e il resto. In fronte, ma in lontananza. le colline della valle dell’Arno e, poco lontano; a stima cinque – seicento metri; il bordo alberato del Canale maestro. E chissà come o perché mi tornò in mente un trattato, lungamente sfogliato al tempo degli studi e anche dopo, che nel titolo aveva la frase “Delle case de’ contadini”. Mi accoccolai e piegai in avanti il corpo con la faccia quasi rasoterra. Come a vedere il mondo dalla parte delle formiche. “Ecco …” pensai “… visto da quest’angolazione mi pare un poco meglio.” “Ci farò una fattoria”.

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