1 di noi | 2011
Artigiano
chi esercita il mestiere
con particolare maestria
Dizionario della Lingua Italiana
Sabatini Coletti, 2011
Ossessione.
Ce l’ha BB
per tutte le discipline dell’arte. Come un artigiano dei tempi andati si
interessa di tutto quanto le sta intorno. Pittura e scultura, disegno e
grafica, letteratura e stampa, storia e anche architettura. Usa con destrezza
le tecnologie del contemporaneo e ama la grafite che graffia la carta.
Frequenta con accesa curiosità tutta una serie cultori di queste materie. In
gioventù si reca nelle loro botteghe a imparar il mestiere.
E ne ha
giovamento.
Ha, come si
dice in gergo, una mano splendida e felice. Se provo un raffronto con la mia
(ruvida e legnosa … ndr) è meglio che mi rifugi nel sottoscala a ripassare
l’alfabeto dell’arte. Poi piglia la licenza per trasformare il territorio e si
fa architetto. Un professionista di provincia sempre attento all’estetica delle
cose e all’etica del mestiere. Di queste robe se ne ragiona spesso e sempre con
molto calore.
Sono i suoi
aghi ficcati nel cervello.
Lo conosco
e ci frequentiamo da almeno un quarto di secolo ma non conoscevo l’opera che
voglio raccontare. Si tratta di un tavolo con alcune sedie disegnate circa
venticinque anni or sono per non so quale camera del lavoro. Le ho viste recapitare
l’anno passato, da non so quale corriere, direttamente nella casa degli
architetti.
Mi cimento
al resoconto munito del maledetto affare di metallo e silicio e cristalli
liquidi; di quelli che catturano anche le immagini; della penna Pilot nera zero
punto cinque e del quadernetto d’ appunti che ho sempre in tasca .
Le misure
le piglio con il corpo.
L’ho
imparato diversi anni fa al tempo degli studi di disegno e rilievo. Da terra
all’ombelico misuro centimetri novantanove, il palmo esteso misura ventuno, le
spalle fanno cinquantadue, un piede scalzo son venticinque, il pollice arriva a
tre, un passo lungo fa novantanove, e via di seguito. Non sarà scientifico ma
chi se ne frega. Mi stiro i muscoli ed allungo le membra. Son pronto.
Comincio il
rilievo.
Le
proporzioni dei due oggetti discendono dalla geometria del quadrato. Son
parimenti due i materiali adoprati. Legno massello per i piani e acciaio
saldato per le strutture. A tutto spessore senza trucchi né inganni. Solo
materiali ignudi e crudi. Senza tubolari e manco impiallacciature. Da buon
rilevatore comincio da quello più grande e per primo disegno il piano.
Mi
occorrono quattro palmi precisi. Da terra alla sommità ci vogliono gli stessi
numeri. La struttura portante è costruita da tre lamiere saldate a formare due
“ci”, ruotate di novanta gradi centigradi, appoggiate a terra con piedini
regolabili per la messa in bolla. I due elementi principali misurano un palmo
meno due terzi per un mezzo di pollice di spessore. I due elementi principali sono,
in basso, uniti e resi solidali da una “ics” costituita da tondini, diametro
mezzo pollice, distanziati da terra di sette centimetri. Il piano di legno di
abete rosso (larice per il volgo … ndr) è finito a cera e ingentilito, su due
lati, da una scorniciatura a becco di civetta.
Lo
spessore? Due pollici abbondanti.
La sedia
propone i medesimi rapporti e materiali. L’ingombro della seduta lo misuro con
due palmi più un pollice. Gli stessi che occorrono per l’altezza al culo. Per
arrivare in sommità dello schienale basta raddoppiare. Se mi ci accosto con la
pancia noto che ci manca un pollice all’ombelico. Gli spessori di tutto
l’ambaradam son proporzionati al tavolo e ridotti di circa un terzo.
Mi siedo
sulla seggiola e mi appoggio al tavolo.
Ora mi tocca
di far l’analisi critica dei due complementi. Non è nelle mie corde far le
bucce ad un amico ma che ci volete far. Questo è il mestiere del recensore. E
come un Gesù alle nozze di Cana vi sottopongo per prime le robe difettose. Le
strutture di acciaio pieno sono tutte saldate le une alle altre. La sedia è
scomoda sia in appoggio che, soprattutto, in seduta. E anche è un pochino
troppo spigolosa. Il tavolo è meglio. Anche lui ha però il difetto del peso. Ad
occhio saranno una novantina di chili e non vorrei per davvero doverlo
trasportar per le scale.
Della
serie: non tutte le ciambelle vengono col buco.
Ora i
pregi. I rapporti son veramente interessanti e azzeccati. L’uso dei materiali è
preciso e rigoroso. Niente di meno di quanto mi aspetto dal disegnatore che
conosco. Il tempo ha lavorato sul legno e lo ha reso ancora più godurioso al
tatto. Son convinto che se li potesse aggiornare con le tecnologie
contemporanee li farebbe molto più leggeri.
In linea
con la sua continua voglia di sapere, sperimentare, provare, confrontarsi e
rimettersi in gioco. Un vero e proprio moderno architetto condotto. E quando lo
rammento mi piace pensarlo al presente.
Bruno
Benci; uno di noi.
Bellissimo Massimo..tutto vero...da groppo in gola.
RispondiEliminaSono sicuro che anche Bruno avrebbe apprezzato con il suo sguardo sornione e compiaciuto.