Olé! | 2020
La donnina dai capelli ramati raccolti a crocchia corre
veloce.
Il suono degli zoccoli di legno rimbomba sul selciato
sconnesso nel silenzio del borgo. L’ultimo rintocco della campana saluta l’alba
marzolina. Son le 6 del 25 e sarebbe, ma lei non se ne cura, anche il suo
onomastico. Ha il cervello e i pensieri da un’altra parte: al marito sul Carso
e a Narciso che, appena di tre mesi, è volato via l’anno passato.
Ma adesso non ha tempo.
Neanche per i ricordi. Deve ruzzolare per il viottolo degli
Olivacci e poi di corsa lungo l’Ascione fino alle Gangherete. Scendere l’erta
fino a Terranuova, scivolare lungo il
Ciuffenna e quindi traghettare l’Arno. Per San Giovanni ci sono 8 km e di
regola ci si impiega circa 100 minuti. Quella mattina ne bastarono 80.
Anche col bambino di 18 mesi in braccio.
Alvaro sudava di freddo accompagnato da febbre alta, tosse e
difficoltà di respirazione. Il giorno prima giocava con gli amici e parlava con
la mamma. La sera aveva manifestato i primi cenni con perdite di sangue al
naso. Nunzia era sola in casa e la paura della morte ebbe la meglio sul resto.
Si vestì alla bell’e meglio e scheggiò verso valle.
Era già successo l’anno prima.
Almeno aveva avuto il conforto di Silvio in licenza dal
fronte anche se, davanti al corpicino ancora caldo, il medico, con un tatto
encomiabile, aveva sentenziato: “È cara
signora … troppo tardi … se magari arrivava prima!”. Stavolta non sarebbe
successo: “Questa volta gioco d’anticipo”.
Sgranò il rosario e si appellò a tutti i santi.
Ma non bastò. Anche il secondo se n’andò causa Influenza spagnola. Mio padre perse due fratelli
che non ha mai conosciuto e di cui si son persi anche i corpi.
Stamani pensando a loro, alla Spagna e alla bellezza del
mondo intero ho rubato due battute:
L) Ginoooo, domani vò
in Spagna!
G) Olé!
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