Il viandante | 2007
Ricordo bene quando Giovanni me
lo disse.
Si era vicino alla strada dei
negozi della moda. Anzi meglio. Si era nei pressi di un bidone della mondezza
in uno stradino parallelo a via Condotti a Roma. Il nome del vicolo non lo
ricordo ma il cassonetto era tutto grigio con il coperchio arancione. Quella
della raccolta “all inclusive”. Quello dove cacciate tutto. Alla faccia della
raccolta differenziata di gran moda. Alle cinque di mattina quel contenitore è
la nostra bottega privata: cartoni di latte avanzato, ossi di bistecca
rosicchiati, ortaggi appassiti e frutta battuta. Si signori … la nostra gastronomia
apre la mattina presto.
E poi è tutto gratis.
Ma torniamo a Giovanni che mi
racconta di questo paese su al nord dove ha bevuto “… un acqua che più buona
non ce né”. Io lo prendo sempre in giro e lo canzono spesso visto che nel
nostro ambiente è conosciuto come il più grande raccontatore di balle della
Capitale. Sarà che è sempre alticcio o forse che ultimamente ha le paturnie e
si è messo a fare il mistico. Tipo che ogni volta che ti incontra fa degli
strani segni con la mano destra e poi ti sputa addosso il vino che ha in bocca.
Come se ti volesse battezzare. Giovanni il Battista lo si chiama. Comunque mi
racconta di ‘sto paese e di una fontina con un mascherone che sputa ‘sta acqua
buona anzi eccezionale. Veramente. Del nome dell’abitato ricorda solo le ultime
tre lettere: …… ICA e poi del fatto che il paese ha a che fare con l’acqua come
un bambino che finisce dentro una pozza. E anche che pare sia molto vicino a
Bergamo. E mentre lui racconta quel poco che si ricorda mi vengono in testa
certi vecchi ricordi e magari è il posto che penso che sia.
Nella mia altra vita ma ci sono
stato.
Anzi ci ho abitato per cinque
lunghi anni quando lavoravo alla Fabbrica. Ingegnere capo reparto tecnico della
ricerca; questa era la mia mansione. Fino al giorno della finale dei Mondiali
di Spagna: millenovecentottantadue, 7 luglio, domenica, 25 anni fa. Poi il
lunedì ho detto “Basta”. Ho lanciato il cappello per aria e mi son messo a vivere
per strada. A fare il barbone direte voi. A fare il viandante rettifico io.
Campo per strada senza fissa dimora; la
mia casa è senza pareti ed ha per soffitto il cielo. Ogni tanto mi
arrangio con piccoli lavoretti nelle campagne che attraverso. E poi viaggio
molto e con tutti i mezzi. Bèh … in verità molto alla pedona. Ed è a piedi che
mi muovo; il giorno quattordici del mese di agosto; verso la fonte della buona
acqua che si trova in un paese che conosco bene. Ci metto una mesata buona e un
po’ di più che tanto non ho fretta. Viaggio leggero con zaino verde militare,
il cappello da cow boy ed il bastone di faggio.
Vi risparmio il racconto del mese
di viaggio e arrivo al dunque.
Al giorno di arrivo. Al ventuno
di settembre quando finisce l’estate. Ieri mi sono fermato nella città
dell’Atalanta e son passato dal diurno della stazione delle corriere. Ho ancora
una certa dignità e in tasca alcune monete avanzate dall’ultimo lavoro. Ho la
segreta speranza di incontrare la
Giovanna ; la mia fidanzata dei tempi della Fabbrica. E se la
trovo la voglio salutare a testa alta. Mi sbarbo la faccia e faccio una doccia.
Una bella spolverata ai vestiti e mi guardo allo specchio della sala di
aspetto. Sono pronto. Viaggio con l’ultima corriera del pomeriggio e arrivo in
piazza Medaglie d’Oro verso le sette di sera. Non ho strumenti per contare il
tempo ma udito buono. Scendo dal pullman
al settimo rintocco del campanile della chiesa.
Son tornato.
Adesso mi metto alla ricerca
della fonte della buona acqua che mica mi ricordo dove fosse. Anzi non ho mai
saputo che ci fosse.
La piazza non mi pare cambiata
dall’ultima volta.
C’è sempre il bar con i tavolini
fuori e i pensionati a giocare a briscola. E c’è sempre in palio il solito spritz.
Le massaie escono in fretta dal portone della casa del Signore per preparar la
cena che qui si mangia presto. Alle venti tutti a tavola e poi ci si mette
davanti alla scatola delle immagini che ti racconta i fatti del giorno successi
in un paese qui vicino. Ti racconta del delitto dell’estate. Della giovane
uccisa in casa da chissà chi.
A dire il vero però in piazza ci
sono alcune novità.
Sul lato sinistro della chiesa
via Marconi è diventata un viale alberato con panche e marciapiedi in pietra.
La rotonda in mezzo si è come spostata di alcuni metri. E nel mezzo dello
spartitraffico c’è una vasca con getti d’acqua.
E dove prima c’era la rotonda adesso c’è un albero di bronzo. La piazza
si è come rialzata di alcuni centimetri e adesso è al livello dei marciapiedi.
E poi è tutta pavimentata in pietra quasi che volesse ricordare, alle poche
automobili che ci passano, che questo è il posto della gente a piedi. Che le
macchine in piazza sono una necessità ma non la regola e quando si transita si
chiede permesso. Il sacrato poi si è come allungato ed ha assunto una precisa
forma geometrica e le dimensioni di una piazzetta interamente pedonale. Ciondolo
per i paraggi e mi accorgo che non riconosco nessuno e nessuno mi riconosce. Evidentemente
venticinque anni non sono passati invano.
Sono un perfetto sconosciuto.
Trovo un edificio che, come dire,
attraversa la strada.
Tutto in pietra grigia faccia a
vista. Muri, pilastri e anche copertura. Una muraglia grezza e molto elegante
quasi senza aperture. Ce ne sono solo alcune in alto a sinistra. Ci sono
pilastri impazziti nel mezzo vicino al passaggio sopra la strada. E poi ci sono
tre strani volumi in aggetto sopra ad una via che si infila sotto terra. I tre
volumi sono in acciaio arrugginito con piccole feritoie rettangolari su più
lati e una grande apertura che guarda verso nord. A terra c’è un vialetto
alberato che mi invita al passeggio. Accetto l’invito e salgo la rampa a
destra. Mentre cammino mi affaccio nel vuoto della rampa che finisce dentro
quello che immagino sia un parcheggio interrato. Svolto l’angolo e mi trovo
davanti una gradinata affollata di giovani che discutono animatamente di un
film che andranno a vedere in serata. Il grande stendardo appeso alla capriata
della copertura mi racconta della pellicola in visione e mi ricorda i miei anni
sessanta. Quando pareva venuto il
momento della “fantasia al potere”. Il tempo della mia gioventù. Quando il
giovane avvocato nei panni del grande Jack si accoda dietro a due motociclisti
venditori di droga e poi muore sopra al sellino del centauro con il casco a
stelle e strisce. Lascio il gruppo e continuo il periplo dell’edificio. Ancora
un angolo da svoltare. Ancora muri di pietra con finestre alte. Mi accompagna
un filare d’alberi sotto un muro. Poi improvvisamente trovo una grande parete
tutta vetrata e una tettoia in metallo. E’ certo l’ingresso. La grande scritta
sui vetri dice: auditorium. Non vedo fontane e attraverso la strada all’altezza
di una piazzetta che porta al centro un alberone. Sotto ci sono tavolini e sedie
e persone a sedere.
Un bar.
Continuo il mio passeggio e
svolto di nuovo. Un’altra tettoia e una scritta: centro civico Non ho nessun
interesse e manco voglia di guardar dentro e quindi mi avvicino alla piazza che
si è aperta improvvisamente sul fianco. Cammino sopra ad una larga striscia di
pietra bianca. A sinistra due muraglioni di pietra grigia e di fronte la figura
in bronzo di un povero cristo con un bastone in mano. La figura che, vagamente
assomiglia a Giovanni, sta sopra un piedistallo di pietra in posizione di
viaggio e io mi riposo sedendo un panca sotto alberi che vengono dal
sottoterra. Il pavimento della piazza è in pietra grigia con ricorsi e linee
impazzite di pietra bianca. Sullo sfondo una grande vasca con zampilli. Sento
che sono vicino alla meta. Gironzolo per lo spiazzo e poi scendo uno scalone.
Riconosco la strada che ho di fronte: via Marconi. E mentre rifletto che la Fabbrica , evidentemente,
ha fatto posto alla piazza e alle case e alla gente la vedo.
La fontina voglio dire.
Quella di cui parlava Giovanni.
Quella con “… un acqua che più buona non ce né”. E c’è anche il mascherone. E
una scritta in rilievo sulla pietra: “Siste viador, bibe” La mia formazione
classica traduce in automatico: ”Fermati viandante e bevi”.
Sono un viandante e allora seguo
il consiglio.
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