Lettori fissi

13/02/20

Lucignolà



Lucignolà | 1999

Il rumore del tuono destò il signor Dino.

La pioggia cadeva copiosa  e ticchettava sopra alla gelosia della vicina persiana [... accidenti … la lasciano sempre aperta ...]. Il debole chiarore dell’umida  notte marzolina illuminò la stanza. Erano le una di una notte come le altre. La famiglia giaceva addormentata sui divani. Il piccolo Dario sulle sue braccia. La di lui sorella Daria stava accartocciata vicino alla  signora Dina sull’altra poltrona. La televisione, di solito a quell’ora illuminante una famiglia in letargo, era piacevolmente [...molto piacevolmente...] spenta.

 La corrente elettrica era  venuta a mancare di nuovo.

Succedeva spesso quando alla pioggia si accompagnavano tuoni, fulmini e anche  saette. Il piacere di abitare in campagna [...lontano dalla città e dalla sua tecnologia elettronica e satellitare. Lontano dalla folle rincorsa all’ultimo telefonino o all’ultimo programma di disegno assistito dal computer...] era ricambiato [...dall’entenazionaleperlenergiaelettrica...] con siffatto servizio.

Le considerazioni sul suo stile di vita lasciarono il passo al problema più urgente perché c’erano i ragazzi da mettere a letto.

Con una carezza svegliò la moglie che a tutta prima lo apostrofò in malo modo e subito dopo si scusò [...si è scusata … domani piove...] per le maleparole. La casa era costruita su diversi livelli con le camere individuate al piano di sopra. Le scale di accesso erano irte e ingannevoli con pianerella di rigiro a ventaglio. Non era assolutamente consigliabile percorrerle al buio con in braccio i  bambini che, [...accidenti come pesano...] nonostante la tenera età, si davano il loro daffare quando c’era da mangiare.

Il problema era ormai posto.

La luce si accese nella testa dell’uomo ripensando ad una frase ricorrente nel vocabolario del nonno [...che ormai non c’è più...] quanto era piccino e abitava [...con tutta la famiglia...]  nella grande casa piena di spifferi lassù sulla collina. “Nini... passami i fulminanti che è andata via la luce”.
 Scontò quindi il figlio e lo appoggiò sulla poltrona. A memoria percorse la distanza che lo separava dalla cucina dove sapeva essere la soluzione del suo problema.  L’oggetto era disposto al centro della tavola ed aveva la forma approssimativa di un vaso da fiori. Tutto arancio con un piattino alla base, un cilindro con piccoli fori circolari ed un cono rovesciato in sommità.

Sul piattino c’era una piccola candela e sul tavolo i fiammiferi.

Accese la candela e rimise il coperchio al piatto. Subito una debole luce , proveniente dalle feritoie del cilindro, illuminò la stanza. Con quella specie di lucignolo si diresse verso la stanza buia. L’oggetto passò sulle mani della donna che prontamente si alzò. I bambini furono faticosamente trasportati di sopra e deposti nei rispettivi letti. I due genitori si approssimarono alla camera da letto e si prepararono per la notte. Lo scambio di battute che segue è fedelmente riportato così come ci è pervenuto.

Dino    Non ho sonno e non ho voglia della televisione ... che si fa ? [attaccò con voce languida e speranzosa avvicinandosi alla donna e tentando l’approccio]
Dina    Che vuoi che facciamo. ... Cosa ???? Alle unaequindici di notte. Io domattina mi alzo alle cinqueecinquantacinque. … Ricordi ? ... [ribatté la donna che nel frattempo si era girata nel letto con la faccia verso il muro]… Non so tu. Io dormo. Buonanotte.

Il povero signor Dino, sconfitto al primo debole attacco, si ritirò nel suo angolo e soffiò sull’oggetto luminoso. La candela si spense e il buio si riappropriò della notte.

La famiglia Lampa dormiva.

Nessun commento:

Posta un commento

La scappata

La scappata | 2021 Il sedici del quarto si decisero a cercarlo. Se n’era andato verso la fine dell’estate precedente con famiglia, animal...