Lucignolà | 1999
Il rumore del tuono destò il signor Dino.
La pioggia cadeva copiosa
e ticchettava sopra alla gelosia della vicina persiana [... accidenti …
la lasciano sempre aperta ...]. Il debole chiarore dell’umida notte marzolina illuminò la stanza. Erano le
una di una notte come le altre. La famiglia giaceva addormentata sui divani. Il
piccolo Dario sulle sue braccia. La di lui sorella Daria stava accartocciata
vicino alla signora Dina sull’altra
poltrona. La televisione, di solito a quell’ora illuminante una famiglia in letargo,
era piacevolmente [...molto piacevolmente...] spenta.
La corrente elettrica
era venuta a mancare di nuovo.
Succedeva spesso quando alla pioggia si accompagnavano tuoni,
fulmini e anche saette. Il piacere di
abitare in campagna [...lontano dalla città e dalla sua tecnologia elettronica
e satellitare. Lontano dalla folle rincorsa all’ultimo telefonino o all’ultimo
programma di disegno assistito dal computer...] era ricambiato
[...dall’entenazionaleperlenergiaelettrica...] con siffatto servizio.
Le considerazioni sul suo stile di vita lasciarono il passo
al problema più urgente perché c’erano i ragazzi da mettere a letto.
Con una carezza svegliò la moglie che a tutta prima lo
apostrofò in malo modo e subito dopo si scusò [...si è scusata … domani
piove...] per le maleparole. La casa era costruita su diversi livelli con le
camere individuate al piano di sopra. Le scale di accesso erano irte e
ingannevoli con pianerella di rigiro a ventaglio. Non era assolutamente
consigliabile percorrerle al buio con in braccio i bambini che, [...accidenti come pesano...]
nonostante la tenera età, si davano il loro daffare quando c’era da mangiare.
Il problema era ormai posto.
La luce si accese nella testa dell’uomo ripensando ad una
frase ricorrente nel vocabolario del nonno [...che ormai non c’è più...] quanto
era piccino e abitava [...con tutta la famiglia...] nella grande casa piena di spifferi lassù
sulla collina. “Nini... passami i fulminanti che è andata via la luce”.
Scontò quindi il
figlio e lo appoggiò sulla poltrona. A memoria percorse la distanza che lo
separava dalla cucina dove sapeva essere la soluzione del suo problema. L’oggetto era disposto al centro della tavola
ed aveva la forma approssimativa di un vaso da fiori. Tutto arancio con un piattino
alla base, un cilindro con piccoli fori circolari ed un cono rovesciato in
sommità.
Sul piattino c’era una piccola candela e sul tavolo i
fiammiferi.
Accese la candela e rimise il coperchio al piatto. Subito una
debole luce , proveniente dalle feritoie del cilindro, illuminò la stanza. Con
quella specie di lucignolo si diresse verso la stanza buia. L’oggetto passò
sulle mani della donna che prontamente si alzò. I bambini furono faticosamente
trasportati di sopra e deposti nei rispettivi letti. I due genitori si
approssimarono alla camera da letto e si prepararono per la notte. Lo scambio
di battute che segue è fedelmente riportato così come ci è pervenuto.
Dino Non ho sonno e non ho voglia della
televisione ... che si fa ? [attaccò con voce languida e speranzosa
avvicinandosi alla donna e tentando l’approccio]
Dina Che vuoi che facciamo. ... Cosa ???? Alle
unaequindici di notte. Io domattina mi alzo alle cinqueecinquantacinque. …
Ricordi ? ... [ribatté la donna che nel frattempo si era girata nel letto
con la faccia verso il muro]… Non so tu.
Io dormo. Buonanotte.
Il povero signor
Dino, sconfitto al primo debole attacco, si ritirò nel suo angolo e soffiò
sull’oggetto luminoso. La candela si spense e il buio si riappropriò della
notte.
La famiglia
Lampa dormiva.
Nessun commento:
Posta un commento