Lettori fissi

02/07/20

Un segno, esplorazioni



Un segno, esplorazioni | 2004

SCENA 1 | Esterno, piazza dei Priori.

Mattia
“Mamma … mamma … non ne posso più; fermiamoci ti prego”.

Il piccolo Mattia è stanco. Da stamattina in giro. Prima in visita alle aziende agricole biologiche e poi nella città dell’alabastro a visitare il museo. Adesso finalmente ci fermiamo. Ci fermiamo in piazza dei Priori al bar di fronte al comune.

Irene
“Uffa … finalmente una sosta. Sono stanca”.

Tardo pomeriggio di un giorno di fine inverno. La famiglia in vacanza è riunita ai tavolini del bar. Giovanni e Mara sorseggiano due aperitivi poco alcolici mentre i due ragazzi si sono presi due giganteschi bicchieri di cola con la cannuccia corta. Tutti sgranocchiano noccioline salate. Stanno discutendo sull’opportunità di recarsi alla festa del babbo oppure cenare all’agriturismo consigliato. Improvvisamente Irene si alza e si infila dentro un vicolo. La mamma, preoccupata,  la chiama:

Mamma
“Irene … Irene … Irene … dove vai”?

Irene
“Vengo subito mamma … arrivo subito. Vado a riprendere la guida del Touring che ho lasciato sul muretto in fondo al vicolo”

SCENA 2 | Esterno, In fondo al vicolo

La bambina corre veloce fino al muretto e recupera la guida. La apre al segno che aveva lasciato a pagina trentadue e legge:

Irene
“Da qualunque lato vi si giunga il profilo di Volterra domina sulle colline circostanti e rivela l’importanza goduta dalla città: importanza in gran parte legata alla configurazione del colle posto alla confluenza della val di Cecina e della val d’Era”.
E’ affascinata dalla storia e soprattutto dall’età medioevale che sta studiando in quei giorni. Studia poi la pianta della città e si accorge che non vi è menzione della piazza dei Fornelli dove il babbo ha appena concluso la sua ultima opera. Memorizza la planimetria del luogo e si incammina, incurante dei consigli della mamma che tutti i giorni la esorta a non girare da sola in posti sconosciuti, nel dedalo di viuzze della città vecchia. Si avvia in esplorazione.

SCENA 3 | Esterno, piazza dei Priori.

La mamma è preoccupata per la figlia. Si agita nella sedia. Prende la borsetta di coccodrillo di Prada ed estrae il telefonino. Rivolta a Giovanni:

Mara
“Adesso la chiamo e mi sente. Tutti i giorni le ricordo di non andare da sola nei posti che non conosce. Ma lei non mi dà mai retta. Assomiglia a te”.

Giovanni
“Assomiglia a me? Dimmi piuttosto che gli ha insistito così tanto per regalarle il telefonino per il suo compleanno. Lo sai e a me tutta questa tecnologia in mano ai ragazzi non piace neanche un po’. Anzi non mi piace affatto. Lo sai che anche nel lavoro mi sono convertito alla roba elettronica solo anno scorso. E raccontami ancora chi gli ha fatto trovare il pacchetto sul tavolo della colazione invece che domani alla festa.  Raccontami chi …”!

Mara (spazientita)
“Ma finiscila. Sei sempre il solito bastian-contrario. Tutto quello che faccio non va mai bene”.
Il tasto verde della chiamata è intanto inserito … parte la musica … e poi la voce sintetica dell’operatrice racconta:

Operatrice
“Messaggio gratuito da Tim … la persona che sta chiamando per ora non è raggiungibile … vuoi richiamare più tardi”?
 La signora Mara, sempre più su di giri, rivolta al marito:

Mara
“Ecco. Lo sapevo. Ha il telefono spento. Allora ho ragione. Imbranata come te in tutto e per tutto”.
Il piccolo Mattia si lancia intanto nell’ennesima battaglia contro il male insieme al suo fido Superman.

Mattia
“Schiunn … fischh … spackk ... dlengg ... “.
Il piccolo uomo di plastica con la tuta e il mantello blu finisce sopra al bicchiere della mamma che si rovescia e spande il contenuto sulla gonna di Gucci.
La mamma ringhia e si alza alla ricerca di un fazzoletto.
Giovanni annuisce soddisfatto sorridendo contento sotto i baffi per aver vinto il primo round.

SCENA 4 | Esterno, esplorando la città.

Intanto la nostra eroina, ignara del battibecco dei genitori e presa dalla sua personale esplorazione, ci porta a spasso per il labirinto di strade e vicoli della città vecchia. Scopre la Rocca e la Fortezza sede della prigione. Ne ammira le possenti muraglie e saggia la resistenza delle pietre scalfendole con il coltellino svizzero regalatole a Natale. Scende lungo il vicolo dei Ponti e arriva al Duomo. Si sofferma al Battistero a strisce bianche e verdi. Ci gira intorno. Si rende conto della perfetta figura geometrica dell’edificio e si racconta a voce alta:

Irene
“Accidenti … è quasi un tondo. Però fatto da otto lati. Mi pare che si chiami ottolati.  No. Ora mi ricordo la lezione della maestra di matematica. Ottagono. Si chiama ottagono. Ganzo”.

Intanto si sta facendo buio e si accendono le prime luci. I negozi cominciano a chiudere i bandoni e noi ci inoltriamo insieme alla bambina sotto al portico della banca che si siede a pensare alla forma del paese. Cerca di visualizzare la planimetria e si ricorda che il babbo le ha raccontato di aver lavorato al progetto di una piazzetta circolare. Sente di essere vicina. Si alza e si incammina. In un cantone legge la targa della strada “… via Ortorotondo” e pensa:

Irene
“Ecco. Sono vicino. Sono arrivata”.

SCENA 5 | Esterno, verso la caserma

I genitori preoccupati strattonano il figlio e si avviano alla vicina caserma dei carabinieri a denunciare la scomparsa della figlia.

SCENA 6 | via Ortorotondo

La bambina cammina sul selciato nuovo di zecca con lo scolo delle acque al centro della via. Giunge in un piccolo slargo tra due edifici e si ferma sotto ad uno strano volume di legno e vetro. Sul fondo c’è una scaletta e poi un cancello semiaperto. A destra una porta abbattuta la invita a entrare. Adesso si trova dentro. Una scala in legno la invita alla salita. Lei accetta la sfida e si lancia nella penombra. Si lancia per le otto rampe fino in cima. Ora è sopra una strana passerella fatta di assi di quercia scura. Da qui può intravedere il fondo buio del pozzo da cui è entrata. A destra il muro di legno. A sinistra una vetrata. Non ci sono porte. A voce alta riflette:

Irene
“Che roba strana. Chissà a cosa serve una scala che porta nel nulla. Che ci viene a fare quassù”?

Improvvisamente si fa giorno. Si accendono le luci automatiche e allora capisce. A destra, sul muro di legno, si riconosce il battente di una porta chiusa a chiave. A sinistra una porta a vetri socchiusa conduce ad un terrazzino. Apre l’infisso e si trova fuori. Il terrazzino è un osservatorio e lei si trova nel punto di osservazione. La stanza con la scala è una specie di faro. Una grande lampada che sparge luce intorno.

Dall’aggetto si mette a fare il suo mestiere di bambina curiosa. Osserva.
Sotto di lei un prato con un muricciolo. Quattro cipressi. Altrettanti piccoli cilindri di metallo scuro mandano una luce radente su uno spiazzo in pietra giallognola. Sullo sfondo il naturale finale della via dell’Ortorotondo. Un prato rotondo. Una piccola vasca con luci dentro l’acqua. Una panca rotonda di pietra bianca. Un uomo di pietra sopra ad un basamento osserva la campagna in lontananza. Sui gradini di un piccolo anfiteatro un gruppo di ragazzi discute animatamente.

La bambina ha osservato.
Scende la scala e si accorge che alcune nicchie sul muro di legno accolgono altrettanti piccoli oggetti di una pietra bianca ma trasparente. Strani oggetti per un posto strano. In fondo alla scala l’aspetta il cancello socchiuso. Un brusio dietro l’angolo la invita a sospingere l’inferriata.

Si affaccia appena sul cortile. Vari gruppi di persone vestite a festa discutono amabilmente calpestando uno spiazzo erboso. I camerieri sfilano tra la folla con vassoi ripieni di tartine e bicchieri. Le signore sono ingioiellate e i signori vestono in smoking.
Tutta sudata per l’esplorazione si sente un po’ come la Sabrina di quel film in bianco e nero che ha visto in televisione la settimana scorsa. Allora si ricorda della festa di cui parlava il babbo. Allora si ricorda che è tardi e forse i genitori sono preoccupati della sua assenza. Adesso comincia a rendersi conto di essere stata assente per troppo tempo e si decide per incamminarsi verso la piazza.

Però prima deve lasciare un segno.
Lei lascia sempre i suoi segni quando va in esplorazione. In un angolo c’è un leggio e sopra un libro di pagine bianche.

Irene; scrive
“Domani è il primo giorno di primavera e io compio otto anni”.

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