Un segno, esplorazioni | 2004
SCENA 1 |
Esterno, piazza dei Priori.
Mattia
“Mamma … mamma … non ne posso più;
fermiamoci ti prego”.
Il piccolo
Mattia è stanco. Da stamattina in giro. Prima in visita alle aziende agricole
biologiche e poi nella città dell’alabastro a visitare il museo. Adesso
finalmente ci fermiamo. Ci fermiamo in piazza dei Priori al bar di fronte al
comune.
Irene
“Uffa … finalmente una sosta. Sono stanca”.
Tardo pomeriggio
di un giorno di fine inverno. La famiglia in vacanza è riunita ai tavolini del
bar. Giovanni e Mara sorseggiano due aperitivi poco alcolici mentre i due
ragazzi si sono presi due giganteschi bicchieri di cola con la cannuccia corta.
Tutti sgranocchiano noccioline salate. Stanno discutendo sull’opportunità di
recarsi alla festa del babbo oppure cenare all’agriturismo consigliato.
Improvvisamente Irene si alza e si infila dentro un vicolo. La mamma,
preoccupata, la chiama:
Mamma
“Irene … Irene … Irene … dove vai”?
Irene
“Vengo subito mamma … arrivo subito. Vado a
riprendere la guida del Touring che ho lasciato sul muretto in fondo al vicolo”
SCENA 2 |
Esterno, In fondo al vicolo
La bambina corre
veloce fino al muretto e recupera la guida. La apre al segno che aveva lasciato
a pagina trentadue e legge:
Irene
“Da qualunque lato vi si giunga il profilo
di Volterra domina sulle colline circostanti e rivela l’importanza goduta dalla
città: importanza in gran parte legata alla configurazione del colle posto alla
confluenza della val di Cecina e della val d’Era”.
E’ affascinata
dalla storia e soprattutto dall’età medioevale che sta studiando in quei
giorni. Studia poi la pianta della città e si accorge che non vi è menzione
della piazza dei Fornelli dove il babbo ha appena concluso la sua ultima opera.
Memorizza la planimetria del luogo e si incammina, incurante dei consigli della
mamma che tutti i giorni la esorta a non girare da sola in posti sconosciuti,
nel dedalo di viuzze della città vecchia. Si avvia in esplorazione.
SCENA 3 |
Esterno, piazza dei Priori.
La mamma è
preoccupata per la figlia. Si agita nella sedia. Prende la borsetta di
coccodrillo di Prada ed estrae il telefonino. Rivolta a Giovanni:
Mara
“Adesso la chiamo e mi sente. Tutti i giorni
le ricordo di non andare da sola nei posti che non conosce. Ma lei non mi dà
mai retta. Assomiglia a te”.
Giovanni
“Assomiglia a me? Dimmi piuttosto che gli ha
insistito così tanto per regalarle il telefonino per il suo compleanno. Lo sai
e a me tutta questa tecnologia in mano ai ragazzi non piace neanche un po’.
Anzi non mi piace affatto. Lo sai che anche nel lavoro mi sono convertito alla
roba elettronica solo anno scorso. E raccontami ancora chi gli ha fatto trovare
il pacchetto sul tavolo della colazione invece che domani alla festa. Raccontami chi …”!
Mara
(spazientita)
“Ma finiscila. Sei sempre il solito
bastian-contrario. Tutto quello che faccio non va mai bene”.
Il tasto verde
della chiamata è intanto inserito … parte la musica … e poi la voce sintetica
dell’operatrice racconta:
Operatrice
“Messaggio gratuito da Tim … la persona che
sta chiamando per ora non è raggiungibile … vuoi richiamare più tardi”?
La signora Mara, sempre più su di giri,
rivolta al marito:
Mara
“Ecco. Lo sapevo. Ha il telefono spento.
Allora ho ragione. Imbranata come te in tutto e per tutto”.
Il piccolo
Mattia si lancia intanto nell’ennesima battaglia contro il male insieme al suo
fido Superman.
Mattia
“Schiunn … fischh … spackk ... dlengg ... “.
Il piccolo uomo
di plastica con la tuta e il mantello blu finisce sopra al bicchiere della
mamma che si rovescia e spande il contenuto sulla gonna di Gucci.
La mamma ringhia
e si alza alla ricerca di un fazzoletto.
Giovanni
annuisce soddisfatto sorridendo contento sotto i baffi per aver vinto il primo
round.
SCENA 4 |
Esterno, esplorando la città.
Intanto la
nostra eroina, ignara del battibecco dei genitori e presa dalla sua personale
esplorazione, ci porta a spasso per il labirinto di strade e vicoli della città
vecchia. Scopre la Rocca e la Fortezza sede della prigione. Ne ammira le
possenti muraglie e saggia la resistenza delle pietre scalfendole con il
coltellino svizzero regalatole a Natale. Scende lungo il vicolo dei Ponti e
arriva al Duomo. Si sofferma al Battistero a strisce bianche e verdi. Ci gira
intorno. Si rende conto della perfetta figura geometrica dell’edificio e si
racconta a voce alta:
Irene
“Accidenti … è quasi un tondo. Però fatto da
otto lati. Mi pare che si chiami ottolati.
No. Ora mi ricordo la lezione della maestra di matematica. Ottagono. Si
chiama ottagono. Ganzo”.
Intanto si sta
facendo buio e si accendono le prime luci. I negozi cominciano a chiudere i
bandoni e noi ci inoltriamo insieme alla bambina sotto al portico della banca
che si siede a pensare alla forma del paese. Cerca di visualizzare la
planimetria e si ricorda che il babbo le ha raccontato di aver lavorato al
progetto di una piazzetta circolare. Sente di essere vicina. Si alza e si
incammina. In un cantone legge la targa della strada “… via Ortorotondo” e
pensa:
Irene
“Ecco. Sono vicino. Sono arrivata”.
SCENA 5 |
Esterno, verso la caserma
I genitori
preoccupati strattonano il figlio e si avviano alla vicina caserma dei
carabinieri a denunciare la scomparsa della figlia.
SCENA 6 | via
Ortorotondo
La bambina
cammina sul selciato nuovo di zecca con lo scolo delle acque al centro della
via. Giunge in un piccolo slargo tra due edifici e si ferma sotto ad uno strano
volume di legno e vetro. Sul fondo c’è una scaletta e poi un cancello
semiaperto. A destra una porta abbattuta la invita a entrare. Adesso si trova
dentro. Una scala in legno la invita alla salita. Lei accetta la sfida e si
lancia nella penombra. Si lancia per le otto rampe fino in cima. Ora è sopra
una strana passerella fatta di assi di quercia scura. Da qui può intravedere il
fondo buio del pozzo da cui è entrata. A destra il muro di legno. A sinistra
una vetrata. Non ci sono porte. A voce alta riflette:
Irene
“Che roba strana. Chissà a cosa serve una
scala che porta nel nulla. Che ci viene a fare quassù”?
Improvvisamente
si fa giorno. Si accendono le luci automatiche e allora capisce. A destra, sul
muro di legno, si riconosce il battente di una porta chiusa a chiave. A
sinistra una porta a vetri socchiusa conduce ad un terrazzino. Apre l’infisso e
si trova fuori. Il terrazzino è un osservatorio e lei si trova nel punto di
osservazione. La stanza con la scala è una specie di faro. Una grande lampada
che sparge luce intorno.
Dall’aggetto si
mette a fare il suo mestiere di bambina curiosa. Osserva.
Sotto di lei un
prato con un muricciolo. Quattro cipressi. Altrettanti piccoli cilindri di
metallo scuro mandano una luce radente su uno spiazzo in pietra giallognola.
Sullo sfondo il naturale finale della via dell’Ortorotondo. Un prato rotondo.
Una piccola vasca con luci dentro l’acqua. Una panca rotonda di pietra bianca.
Un uomo di pietra sopra ad un basamento osserva la campagna in lontananza. Sui
gradini di un piccolo anfiteatro un gruppo di ragazzi discute animatamente.
La bambina ha
osservato.
Scende la scala
e si accorge che alcune nicchie sul muro di legno accolgono altrettanti piccoli
oggetti di una pietra bianca ma trasparente. Strani oggetti per un posto
strano. In fondo alla scala l’aspetta il cancello socchiuso. Un brusio dietro
l’angolo la invita a sospingere l’inferriata.
Si affaccia
appena sul cortile. Vari gruppi di persone vestite a festa discutono
amabilmente calpestando uno spiazzo erboso. I camerieri sfilano tra la folla
con vassoi ripieni di tartine e bicchieri. Le signore sono ingioiellate e i
signori vestono in smoking.
Tutta sudata per
l’esplorazione si sente un po’ come la Sabrina di quel film in bianco e nero
che ha visto in televisione la settimana scorsa. Allora si ricorda della festa
di cui parlava il babbo. Allora si ricorda che è tardi e forse i genitori sono preoccupati
della sua assenza. Adesso comincia a rendersi conto di essere stata assente per
troppo tempo e si decide per incamminarsi verso la piazza.
Però prima deve
lasciare un segno.
Lei lascia
sempre i suoi segni quando va in esplorazione. In un angolo c’è un leggio e
sopra un libro di pagine bianche.
Irene; scrive
“Domani è il primo giorno di primavera e io
compio otto anni”.
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