Lettori fissi

16/04/20

Borghi



Borghi | 2003

Il giorno prima di natale è freddo.

Tardo pomeriggio appena nevicato. Vado al bar sotto lo studio e incontro un amico conosciuto come studente. E’ ancora studente. E’ ancora amico e adesso si è messo in politica. Assessore a qualcosa di un amministrazione figlia delle mani pulite in un comune qui vicino. Ci raccontiamo i trascorsi. Rivanghiamo il passato e poi ci confidiamo le speranze reciproche. La politica per la gente è la sua aspettativa mentre io da grande voglio fare l’architetto. Ci si saluta con la promessa di prossimi incontri che tanto sappiamo difficilmente avverranno.

Ma la vita è strana.

Dormo poco la notte  e penso. Molto. Ricordo una manifestazione, in una città del Veneto,  ha cui ho partecipato alcuni anni prima con un oggetto artigianale in terracotta. Lucignolo è il suo nome e si tratta di un centro tavola illuminante. Il titolo della mostra aveva a che fare con lo spirito del luogo o roba simile. Riscoperta di valori legati al territorio piuttosto che ricerca tout-court del nuovo per il nuovo. La lampadina di Archimede; il buon amico di Paperino; si accende improvvisamente quando mi viene in mente che anche io abito un territorio pieno di spiriti e di luoghi. Mi viene in mente una vecchia ricerca sulla cultura materiale fuori della città; extra urbana era definita; promossa dal mio Maestro ai tempi degli studi. Perché non provare a far qualcosa. Oggetti da casa legati al passato rurale di questa parte di Toscana rivisitati secondo i gusti dell’abitare contemporaneo. Però ancora non ho il principe. Proviamo a cercarlo.

La ricerca è breve.

Un borgo intero è un intero cantiere e si mormora di riattamento di botteghe e rimessa in pristino di antichi mestieri. Il paese si trova nei territori amministrati dal politico incontrato al bar. Ora ho la possibilità di provare a cercare il principe. Il telefono è sul tavolo. Il numero è nell’agenda nera della tasca sinistra. Prendo appuntamento con l’amico. L’idea piace. Si prova il contatto con il principe che accetta l’incontro. Le idee, nel frattempo si affastellano e si sovrappongono. Si potrebbe proporre il progetto di oggetti per la casa; contemporanei ma densi di memorie, attuali ma che affondino le radici nel passato rurale. Si potrebbe poi pensare al progetto di case a tema come l’abitazione del fabbro, del maniscalco, del fornaio e chi più ne ha più ne metta. Si potrebbe osare sulle orme di Icaro e pensare al progetto di un nuovo borgo in un luogo qui vicino già destinato a generico sviluppo turistico.

Si potrebbe?

Si prova. Si prova  e si propone al mecenate tutto ciò. Lo si propone nel corso di alcuni incontri in villa e in fabbrica. Si propone un sorta di concorso a inviti dove ai 10 architetti italiani invitati, selezionati da una rosa di 25, si richiede l’oggetto, la casa e il borgo.  Il collegamento alla frase memorizzata: “… dal cucchiaio … alla città …” è facile. I professionisti, anche quelli di fama, sono d’accordo per non percepire compenso alcuno. Chiaramente il progetto migliore ha buone probabilità di murare il borgo. Grande! Scordavo il racconto in forma di novella che collega le varie scale dell’intervento e che, da alcuni anni, mi vien sempre voglia di metter in mezzo. Lo propongo. Tutto questo da presentare alla prossima mostra autunnale nella città di Romeo e Giulietta. Nei vari incontri si sviscerano i problemi e si ricercano le soluzioni. Si decidono le strategie comuni e ci si fa un idea dei costi da sopportare divisi tra l’amministrazione e il mecenate. Pare che l’iniziativa possa procedere. Tralascio il resoconto della corrispondenza alla ricerca degli architetti e avanzo veloce fino al giorno dell’ultimo incontro a casa del principe. Mancano pochi giorni alla pasqua e la primavera si sta avvicinando. L’inverno passato è stato particolarmente mite e le rondini stanno tornando a costruire i loro rifugi.

Ma nel piazzale della villa c’è una macchina in più.

E’ quella del professionista di fiducia del principe. E vi assicuro che non era né Sangallo né Alberti. Il meeting procede a rilento. C’è da raccontare tutta la storia per l’ennesima volta al nuovo arrivato che mi pare essere il gran ciambellano di una corte uscita dai racconti di Brancaleone. Serioso e noioso. Fintamente attento e con visibili sbadigli mentali. Se ne esce sempre con domande assolutamente non pertinenti e si intende; lontano un chilometro; il suo obiettivo. Affondare il progetto. Ci lasciamo confusi con la vaga promessa, da parte del principe, di un ultimo incontro risolutivo. Incontro si o incontro no?

A voi la fine del racconto

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