A colori |
2020
Il vecchio Gelso è ancora li.
C’è da un paio di secoli. Lo frequento dal tempo degli studi
d’Architettura. Alla fine dei settanta segnava i margini di una grande aia di
un’altrettanto maestosa Leopoldina. Due
piani; 18x18, altezza quasi 8 che con la colombaia al centro toccava i 15; con
9 stanze a piano di cui una occupata dalla scala avvitata al forno e recinta dal
ballatoio con gli archi ogivali. A quel tempo ero infatuato della casa che
avevo in locazione insieme agli amici del paese per innocenti intrattenimenti
danzanti e altro. L’amore per quei muri era tanto potente che, in un impeto
artistico mai più coltivato, ci lasciai un murales copiato par pari dal
logotipo di una celebre band di quel periodo.
Credo sia ancora li.
Il casamento invece, assalito dal tempo e dall’incuria degli
uomini, è crollato miseramente su se stesso. La vegetazione l’ha invaso e vinto.
Quasi come è successo con la Pandemia dell’anno scorso quando prima han dato
colpa ai gialli, poi ai bianchi, ai neri, ai rossi e via con l’arcobaleno.
Forse è stata proprio questa successione di colori che l’ha sconfitta. Spazzata
sotto terra come la grotta scavata sotto il cortile. Quella che un tempo
serviva a nascondere i salumi dal padrone e dopo i partigiani dai tedeschi. Un
cubo voltato a mattoni proprio sotto le radici dell’albero secolare.
Spero sia ancora li.
Ci voglio rifondare la professione. Penso ad un posto di
lavoro per giovani e non. I modelli cui attingere sono molteplici. Ma per
questo c’è tempo. Adesso progetto il luogo. Mi seggo per terra appoggiato al
tronco. Cavo dal saccapane il quaderno nero A5 e la penna punta fine. Disegno una catasta di
rovi e pietre, un aia intorno e sui bordi piante di Gelso. Ma tante: Alba, Nigra, Rubra e anche Notabilis, Australis, Japonica, Mongolica,
Insignis e via. Per sconfiggere i pregiudizi.
Tutte le varietà li.
Dopo di ché il Laboratorio. Tre piani, per dirla con PDF, “vincoli (ma) sparpagliati”: la grotta, il piano terra aderente al fusto inglobandolo
in punta di piedi e la casa sui rami. Pietra, legno e vetro a chilometro quasi
zero. Una fattoria del progetto cablata, virtuale e molto fisica ma non solo.
Una sorta di bottega del quattrocento dove tutti gli attori stanno alla pari.
Dove l’estetica si sposi all’etica. Creta, Www e Lapis. E poi a seguire,
secondo il correre delle stagioni e il passo delle piantumazioni, le aggiunte a
delineare un volume pieno d’aria pari al cortile degli Uffizi:
17,50x156,50x23,50.
Li, proprio li. A colori.
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