Lettori fissi

23/01/20

L'appuntamento



L’appuntamento | 2003

Il canto del gallo destò Filippo che rimase alcuni minuti a riflettere e rimuginare sul nuovo giorno di lavoro che lo attendeva. C’era da gestire il cantiere della fabbrica con i cento e passa operai che vi lavoravano e con l’inverno ormai alle porte. Tredici giorni soltanto mancavano al solstizio del 21 e all’inaugurazione ormai fissata.

Il nostro uomo si convinse che era ormai l’ora.

Era l’ora di levarsi dal caldo tepore delle coperte e dal piacevole contatto con il corpo della giovane moglie. Aprì gli scuri e si affacciò alla piccola finestra intravedendo, tra la fitta trama di costruzioni, un pezzetto di cielo e la nuova alba. Il sole era appena spuntato rischiarando fievolmente una città appena sveglia. L’aria tersa e il freddo pungente lo destarono del tutto.
Sicuramente i lavoratori erano ormai in cantiere e adesso toccava a lui. Si lavò e si vestì con eleganti vestiti colorati come si conviene alle persone importanti.

La colazione fu consumata in fretta che si era ormai fatto tardi.

In cantiere lo attendeva con impazienza il signor Gilberto; capomastro e responsabile dei muratori e degli scalpellini extracomunitari. Una pacca sulla spalla e un sorriso bastarono a rinnovare il saluto mattutino che, ormai da quasi vent’anni, i due amici si scambiavano.  Insieme misero a punto i dettagli delle ultime fasi dell’opera.

Ordini e imprecazioni si mischiavano ai rumori del luogo di lavoro.

Mazzuoli e cazzuole; tegole e mattoni; corde e montacarichi; solide impalcature e complicati macchinari. Si costruiva la grande fabbrica che avrebbe dato lustro alla città e consolidato il potere della Famiglia. Le ore passarono in fretta fino al mezzogiorno.

Oggi era un giorno speciale.

Si mangiava tutti insieme. Muratori e fabbri, marmisti e falegnami, lattonieri e imbianchini, tecnici e dirigenti. Tutti insieme alla stessa tavola; i locali e quelli che venivano da fuori. Una specie di festa per la posa del tetto che da lì a poco sarebbe stato completato. I rintocchi della campana sovrastarono i rumori e la confusione del cantiere.

La pausa del pranzo era arrivata.

Gli operai scesero le impalcature e si avviarono all’interno della fabbrica riunendosi all’improvvisato tavolo realizzato dai carpentieri con gli avanzi del legname. I camerieri fecero il loro mestiere servendo abbondanti dosi che riscaldarono il corpo e lo spirito dei commensali. Al desco di fortuna vennero apprezzati soprattutto i due piatti che si contesero la palma del vincitore fino all’ultimo boccone: la zuppa lombarda e il peposo alla fornacina. La ciotola di coccio li contenne tutte e due in compagnia degli innumerevoli gotti di rosso vino delle vicine colline. La pancia dei commensali accolse di buon grado tutto questo ben di Dio. Il direttore dei lavori mangiò di buon appetito e bissò più volte il desinare fino a sentirsi un po’ più che sazio.

Poi, nel mentre che la festa giungeva al termine, un rapido battito di ali annunciò l’arrivo del piccione viaggiatore con l’ennesima missiva del Padrone che ricordava al nostro eroe il consueto appuntamento del pomeriggio. C’era da definire gli ultimi dettagli relativi all’inaugurazione dell’opera e da stilare la lista definitiva delle personalità da accogliere sul palco d’onore.

Alla lettura dell’epistola Filippo si alzò e comunicò che la sua presenza era richiesta in altro luogo per importanti questioni di lavoro. Ringrazio amici, collaboratori e operai e si congedò da tutti con un leggero cenno della testa.

Con passi incerti e traballanti sparì dalla vista del cantiere e del suo progetto: “Struttura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire con (la) sua ombra tutti e’ popoli toscani”.

Era il giorno dell’Immacolata, 8 dicembre dell’anno 1436 in Firenze e Filippo Brunelleschi architettore si recò alla sua dimora. Informò la famiglia di sentirsi alquanto aggravato e si approssimò in camera. Chiuse gli scuri e si spogliò. Si coricò a letto e lì rimase russando sonoramente tutto il pomeriggio bucando il rilevante appuntamento con il suo committente.

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